«Invochiamo che “il Signore ci conceda pace”. E facciamoci “artigiani di pace” in ogni ambiente»

Il vescovo mons. Egidio Miragoli alla Messa nella parrocchiale del Sacro Cuore a Mondovì la sera del 1° gennaio Giornata mondiale della pace

Nalla foto, il vescovo Egidio celebra la Messa nella cappella dell’Ospedale “Regina Montis Regalis” a Mondovì nella Giornata della pace, 1. gennaio, solennità di Maria madre di Dio, per condividere con degenti, familiari ed operatori sanitari il messaggio coinvolgente è consolante del Natale, in questi frangenti critici per l’impennata della pandemia.
Nalla foto, il vescovo Egidio celebra la Messa nella cappella dell’Ospedale “Regina Montis Regalis” a Mondovì nella Giornata della pace, 1. gennaio, solennità di Maria madre di Dio, per condividere con degenti, familiari ed operatori sanitari il messaggio coinvolgente è consolante del Natale, in questi frangenti critici per l’impennata della pandemia.

«La liturgia del 31 dicembre e del 1° gennaio ci fa onorare Maria Theotókos, Maria madre di Dio. Ovvero, il cambio dell’anno avviene sotto la protezione, direi sotto il manto di colei che ci ha dato Gesù, il figlio di Dio, il Salvatore – ha detto il vescovo mons. Egidio Miragoli, alla messa per la pace, sabato 1° gennaio nella chiesa parrocchiale del Sacro Cuore a Mondovì Altipiano –. Questo non può che indurci alla gratitudine per il tempo trascorso e alla fiducia per il tempo a venire: perché tutto accade nella presenza di Cristo e di sua madre, cioè di Dio, e la fede ci dice che Dio è Signore della Storia e le garantisce un senso. Al mistero della divina maternità di Maria, fa riferimento la seconda lettura, la lettera ai Galati: “Quando venne la pienezza del tempo – scrive san Paolo – Dio mandò il suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge”. Theotókos, “madre di Dio”: questo titolo è il fondamento di tutti gli altri titoli con cui Maria è venerata. Alla Madonna chiediamo la grazia di saper riconoscere nel Bambino del natale il Figlio di Dio, per poterlo seguire da discepoli nel corso dell’anno. Iniziamo un nuovo anno, e la liturgia, mentre invoca su di noi la benedizione
divina, ci fa chiedere il dono della pace. Questo tema riecheggia nella liturgia delle feste  natalizie e nella prima lettura di oggi: "Il Signore ti conceda pace". E anche noi ci soffermiamo su di esso, ricordando la 55° Giornata mondiale per la pace che impegna tutta la Chiesa a pregare per questa intenzione».
Natale è messaggio di pace
«Iniziamo col dire che il tema della pace non è solo un tema della politica o di dottrina sociale; non interessa solo i movimenti pacifisti connotati ideologicamente – ha proseguito il vescovo –. È un tema di spiritualità cristiana che scaturisce dalla contemplazione del Natale, è un aspetto fondamentale della vita che il cristiano deve sentire come suo impegno, come una consegna evangelica. Dalla pace, intesa come assenza di guerre, dipende la vita e il benessere di intere nazioni; dalla pace intesa come spirito di pace dipendono la serenità, la gioia, le buone relazioni tra le singole persone, la loro convivenza pacifica e serena. Credo che se volessimo riassumere in una sola parola, in una sola idea ciò che la gente desidera più fortemente, dovremmo proprio parlare della pace. Tutti vogliamo pace; c’è bisogno di pace in famiglia, di pace sul lavoro (di questi tempi, specialmente, quando Covid e interessi di parte facilmente possono creare disoccupazione); bisogno di pace nella comunità cristiana, e, soprattutto pace in se stessi. Tutti aspiriamo ad avere pace, anche in questo Natale. Anche il tema della pace tra i popoli è sempre di grande attualità, benché la nostra percezione e il nostro interesse non siano sempre identici. Non tutte le guerre purtroppo ci riempiono di sdegno, di preoccupazione o di apprensione allo stesso modo. In realtà la situazione internazionale continua ad essere
segnata da numerosi e sanguinosi conflitti in atto, come ci ha ricordato il papa a Natale, da minacce di guerra, da focolai di tensione, dalla corsa al riarmo. Pertanto ci chiediamo: quale messaggio viene dal presepe, dal mistero della natività, al tema della pace, al nostro desiderio e bisogno di pace?».
Gesù Cristo, il "principe della pace"
«Che il Natale sia un avvenimento di pace è evidente, al punto che anche chi non riconosce Gesù come Figlio di Dio, canta il Natale come festa della pace – ha continuato il vescovo –. In questo caso, certamente, la pace prende spunto da elementi esteriori e marginali, come il paesaggio invernale, piuttosto che dalla tenerezza che comunica ogni immagine di maternità. Noi credenti abbiamo però anche altre certezze che cogliamo nella Parola di Dio. Vediamole. Il bambino che nasce a Betlemme è stato profetizzato da Isaia come “il principe della pace” come colui che è il detentore della pace ed e capace di comunicare questo valore di cui ogni uomo non può fare a meno. E la nascita di Gesù è effettivamente annunciata dagli angeli ai pastori con parole che inneggiano contemporaneamente alla gloria di Dio e alla pace per gli uomini. Possiamo dire che il primo canto natalizio della storia, quello che stabilisce il tono spirituale del Natale, ci dice dunque che scopo del Natale è la pace, da intendersi nel senso biblico: un mondo in cui regnano la fiducia e la fraternità, in cui non ci sono paura, indigenza, inganno e falsità. Prima però il canto degli angeli
parla di una cosa senza la quale a lungo andare non ci può essere pace: parla della gloria di Dio: “Gloria a Dio…e pace in terra”. Vale a dire: la pace degli uomini discende, deriva dalla Gloria di Dio. Chi rende gloria a Dio, e quindi lo riconosce come il principio vitale e ispiratore della sua vita e delle sue scelte, non potrà non essere anche uomo di pace, operatore di pace. Al contrario, possiamo dire, dove tra gli uomini non si rende gloria a Dio, lì neppure l’uomo a lungo andare viene onorato, cioè rispettato nella sua sacralità».
La pace degli uomini e la pace di Dio
«È significativo poi quanto suggerisce Luca nel Vangelo che abbiamo letto a Natale con la sua introduzione apparentemente solo storica. Di fatto Luca contrappone la pace romana dell'Imperatore Augusto alla pace portata da questo bambino che è il Figlio di Dio. Cesare Augusto, l’imperatore che si faceva chiamare “salvatore”, famoso per aver portato, con la forza, la Pax Romana in tutte le terre sottoposte al dominio romano. Eppure – sembra dirci l’evangelista Luca – questo bambino, nato in un oscuro angolo dell’impero, lui – non Cesare Augusto – stava per offrire al mondo una pace molto più grande, veramente universale nei
suoi scopi e trascendente ogni limite di spazio e di tempo. Anche la nostra odierna aspirazione alla pace dovrà, pertanto, tenere conto di quanto abbiamo detto: Gesù è il principe della pace, la pace vera va chiesta come dono a lui; saremo veri operatori di pace rispettosi della dignità di ogni essere umano solo se contemporaneamente riconosceremo la gloria di Dio rivelata in Cristo. E, infine: la vera pace non è mai stata e mai sarà quella imposta dalla forza (la forza dell’arroganza, del potere che si ha, o delle armi) ma sempre è
stata e sarà quella che scaturisce dal riconoscimento di essere, in Dio, un’unica famiglia. Il Natale è quindi un mistero rivelatore della pace e impone agli uomini che lo accolgono, un impegno di pace; ci invita ad essere operatori di pace. Non si può vivere il Natale, non si può partire dal presepio di Gesù senza giurare al Signore che, secondo il nostro compito e il nostro posto, noi cercheremo di essere operatori di pace. Facciamo dunque pace: facciamo passi di pace, gesti di pace. Arriveremo davvero al cuore del natale. Il Signore nascerà davvero nella nostra vita».
Tre vie per edificare una pace duratura
«Il messaggio del papa di quest'anno è dedicato agli strumenti per edificare una pace duratura. Vi invito a leggerlo, se potete – ha concluso il vescovo –. Scrive il Papa: "Vorrei proporre tre vie per la costruzione di una pace duratura". Quali sono? Anzitutto il dialogo tra generazioni, ovvero: le grandi sfide sociali e i processi di pacificazione non possono fare a meno del dialogo tra gli anziani (i custodi della memoria) e i giovani (quelli che portano avanti la storia). Solo questa può essere la base per la realizzazione di progetti condivisi. In secondo luogo l'istruzione e l'educazione come motori della pace. Istruzione ed educazione
sono le fondamenta di una società coesa, civile, in grado di generare speranza, ricchezza, progresso. Da qui l'invito ai governi ad elaborare politiche economiche che riducano le spese belliche, a favore di investimenti nell'istruzione come fattore di libertà, responsabilità, sviluppo. Infine promuovere e assicurare il lavoro, dice il Papa, poiché il lavoro è una necessità, è il luogo dove si impara a dare il proprio contributo per un mondo
più vivibile e bello. Purtroppo la pandemia ha aggravato la situazione occupazionale. Da qui l'invito a unire le idee e gli sforzi per creare le condizioni e inventare soluzioni, affinchè ogni essere umano in età lavorativa abbia la possibilità di contribuire alla vita della famiglia e della società. Sono, questi, impegni e prospettive che possono trovare attuazione a livelli diversi, ovviamente. Il messaggio del Papa è rivolto principalmente a chi detiene le leve del potere economico e politico, a chi può essere determinante nelle scelte e nelle impostazioni. E tuttavia Papa Francesco auspica "che siano sempre più numerosi coloro che, senza far rumore, con umiltà e tenacia, si fanno giorno per giorno, artigiani di pace". Infatti c'è "un'architettura" della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c'è un "artigianato" della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona". Tutti, quindi, possiamo collaborare. Che il Signore ci aiuti, in questo anno, ad essere artigiani di pace, in ogni ambiente, nella società e nella Chiesa».

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