L’Ordine dei medici: «Ritardare il ritorno in classe». Ma la Regione è per il rientro

Richiesta dell'Ordine di Torino: «Contagi da Covid troppo alti, imprudente far ripartire il 10 gennaio l'attività di Primarie e Secondarie»

«L’evoluzione dell’epidemia Covid, in particolare gli altissimi numeri dei contagi, l’impossibilità di effettuare tamponi in quantità adeguata, la bassa vaccinazione dei più piccoli, l’aumento dei ricoveri, rendono assolutamente imprudente far ripartire l’attività scolastica: chiediamo che si faccia il possibile per rimandare di due settimane la riapertura delle scuole Primarie e Secondarie. I giorni persi potranno essere recuperati a giugno». È la richiesta dell’Ordine dei Medici di Torino di fronte all’attuale situazione dell’emergenza Covid e alla ripresa delle lezioni prevista per lunedì prossimo.

Un orientamento che però non sarebbe condiviso dalla Regione, sia dal presidente che dall'Assessorato: l'intenzione è di tornare in classe lunedì 10 gennaio, in presenza come da programma.

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI
Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato altri 18 mila nuovi casi di Covid 19 in Piemonte, pari al 18,3% di 99.675 tamponi eseguiti. I ricoverati in terapia intensiva sono 145 (+8 rispetto a ieri). I ricoverati non in terapia intensiva sono 1.665 (+72 rispetto a ieri). L'incidenza è salita ancora: quasi 2 mila casi settimanali ogni 100 mila abitanti.

L'occupazione posti letto Covid è ormai prossima al 29%: superato il 30%, il Piemotne avrà i parametri da zona arancione.

LA POSIZIONE DELL'ORDINE DEI MEDICI
In questa fase, sostiene l'Ordine, i contagi sono molto alti fra gli scolari, che non sono ancora stati vaccinati in modo massivo, parecchi insegnanti sono assenti per isolamento o quarantena, e in particolare nelle elementari è difficile controllare costantemente mascherine e distanziamento. Oltretutto, il sistema di tracciamento previsto è farraginoso e non è minimamente realistico in un momento in cui è diventato molto complicato effettuare i tamponi. I giorni di chiusura delle scuole dovrebbero servire a completare la vaccinazione degli adolescenti (oggi al 70%) e portare avanti celermente quella dei più piccoli, ferma sotto l’8% nella fascia d’età tra i 5 e gli 11 anni.

“Siamo consapevoli che chiudere nuovamente le scuole è doloroso e che i bambini hanno già pagato un prezzo alto per questa pandemia, e lo dimostra l’aumento dei casi di patologie neuropsichiatriche infantili. A questo si aggiunge, per i genitori che lavorano, il disagio di tenere i figli a casa” sottolinea il presidente dell’Ordine dei Medici Guido Giustetto.

“Tuttavia – prosegue - il quadro è tale per cui nel giro di qualche giorno tantissime classi andranno comunque in Dad, con tutte le conseguenze in termini di aggravio sul sistema ma soprattutto dal punto di vista sanitario: i bambini che si infettano mettono a rischio la propria salute, come purtroppo emerge dall’aumento dei ricoveri pediatrici per Covid, e portano il contagio in casa contribuendo a un ulteriore incremento dei casi. Allo stesso tempo, la scuola non deve essere l’unico settore sacrificabile, chiediamo davvero di valutare ulteriori chiusure, data la situazione”.

Ad oggi la corsa del contagio non accenna a rallentare, l’incidenza settimanale in Piemonte è di oltre 1.700 casi ogni 100mila abitanti. Il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva è del 22%, mentre quello in degenza ordinaria è passato dal 21% del 1° gennaio al 27% del 7 gennaio: di questo passo gli ospedali collasseranno in brevissimo tempo. Inoltre, il messaggio che i bambini non si ammalino di Covid è errato: i ricoveri pediatrici per Covid sono all’incirca raddoppiati rispetto al picco di marzo 2021 e gli ospedali pediatrici sono pieni.

“In questo scenario – conclude Giustetto – anche sul territorio ci sono moltissime criticità, come ci segnalano i Medici di Medicina Generale: troppi casi e troppi tracciamenti da eseguire a fronte di un sistema che non è più in grado di effettuare i tamponi necessari. Ci sono colleghi che si svegliano prima dell’alba, non per visitare i propri assistiti, ma per stare ore sulla piattaforma regionale a cercare di prenotare loro i tamponi. Una situazione che non si verificava dal 2020. E la sensazione è che in questi due anni si sia fatto ben poco per migliorarla”.

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