Nicoletta Bocca ormai da trent’anni “difende”, con tenacia e determinazione, il Dolcetto e le terre di Langa. Il suo lavoro tra i vigneti, le sue convinzioni e la sua “filosofia agricola” spesso anche fuori dagli schemi, vengono descritte stupendamente dal giornalista di settore Nicola Barbato, con un articolo pubblicato venerdì 21 gennaio su Repubblica Torino. Nello scritto di Barbato, importante vetrina dedicata specialmente agli appassionati, Nicoletta Bocca diventa, con pieno merito, una “partigiana che non crede nelle mode, ma nel Dolcetto della tradizione”. “Il Dolcetto bistrattato, vino dimenticato, un tempo vino quotidiano, oggi vino rinnegato – si legge –. Ma i partigiani sono testardi e Nicoletta tiene duro, infischiandosene”.
I vigneti "che ritornano", strappati all'avanzare dei rovi e della boscaglia
Abbiamo conosciuto personalmente l’energica produttrice di San Fereolo, sulla collina doglianese di Valdibà, qualche mese fa. Era il tempo della vendemmia e Nicoletta si trovava al lavoro nel suo nuovo vigneto, sulle colline di Rocca Cigliè, dove aveva da poco strappato letteralmente un appezzamento di terra all’avanzare dei boschi e dei rovi. In quell’occasione avevamo discusso a lungo con lei e con il sindaco Luigi Ferrua, parlando dei vini di Langa e ovviamente del Dolcetto, dell’importanza della tradizione, delle nostre radici. Erano venuti fuori poi anche discorsi molto pratici, legati alle difficoltà del lavoro del vignaiolo oggi e alla necessità di diversificare la produzione, per riuscire a mantenere l’azienda economicamente in salute. Nicoletta crede profondamente in quello che fa e in come lo fa, esclusivamente utilizzando la biodinamica e, credeteci, l’appellativo di “partigiana” del Dolcetto, in questo caso, calza davvero alla perfezione.