Che le Langhe, patria del vino buono, stiano diventando anche terreno fertile per la birra artigianale è ormai un dato di fatto. E non si sta parlando solo dell’“effetto Baladin” perché già dal 2019, dopo un lungo lavoro di confronto, ha visto la luce il Consorzio Birra Origine Piemonte sulla forte spinta della Cia Cuneo e il sostegno di Diego Botta (co-titolare del birrificio “Kauss” a Piasco). Ma tra i primi fondatori figura anche Giuseppina Raviola con la sua azienda “Frè” a Carrù (produttrice di orzo, luppolo e birra) a cui ha fatto poi seguito l’adesione, tra gli altri, del concittadino Lelio Bottero (“Birra Carrù”) e del villanovese Alessandro Somà (Birra Alabuna).
L’area del Consorzio si allarga comunque fino a Monferrato, Roero, Astigiano e Novarese: su 14 aziende, otto sono della provincia di Cuneo. È nato per associare i produttori agricoli e artigianali di birra, quelli di materia prima (orzo, luppolo) e chi effettua la trasformazione dell’orzo in malto: lavoro indispensabile per fabbricare poi la bevanda. Il tutto, però, con una caratteristica importante: l’intero percorso produttivo deve avvenire con materie prime coltivate e trasformate in Piemonte.
«Il settore del birrificio agricolo – spiega il produttore Diego Botta – è giovane, ma sta iniziando a conquistarsi una propria “maturità”». L’iter per ottenere il marchio “Pat” (prodotto agroalimentare tradizionale) con il relativo disciplinare di produzione è già stato avviato e la documentazione è stata depositata in estate agli uffici della Regione.

Sottolinea il presidente Cia Cuneo, Claudio Conterno (fresco di riconferma): «Stiamo anche lavorando per mettere insieme alcune proposte dei consiglieri regionali, con lo scopo di ottenere una legge piemontese che definisca le regole per la produzione della birra con l’uso di materie prime locali e dia ai birrifici agricoli la possibilità di ottenere i necessari sostegni per gli investimenti nelle loro aziende». Se ci sarà l’ok al marchio verrà avviato il procedimento, più complesso, per il riconoscimento, da parte dell’Unione Europea, dell’Indicazione Geografi ca Protetta (Igp). Per «ampliare gli orizzonti di vendita e raggiungere mercati diversi e internazionali».