Chi ha modo di passare davanti ai capannoni delle ex acciaierie Acsa alla Reculata di Carrù lo avrà già notato. Quei grandi sacchi pieni di residui di materiale siderurgico e mucchi di polvere giacevano lì da altre vent’anni. Ora non ci sono più, sgomberati e portati via. L’intervento era stato annunciato dal sindaco Nicola Schellino lo scorso ottobre. «Mi è stato notificato dalla società Acsa circa l’intervenuto accordo con una ditta terza che prevede la rimozione dei residui dei carboni presenti ancora nel sito entro il 31 marzo. Ritengo che questa notizia, oltre che particolarmente importante dopo molti anni di stallo, rappresenti il primo passo per liberare e ripulire definitivamente l’area in questione».
I termini sono stati rispettati e, anzi, anche anticipati. Della bonifica dei capannoni “ecomostro” che sorgono nell’area della vecchia Stazione ferroviaria in borgata Reculata, proprio a fianco della Fondovalle, si era tornato a parlare gli scorsi mesi anche dopo la sollecitazione dall’Associazione Arasis (l’Associazione rischio amianto e sostanze inquinanti per la salute di Mondovì e Val Tanaro) per voce del presidente Sebastiano Sampò.
Reperendo il testo della sentenza del Tribunale di Brescia di aprile 2017, poi confermata nel 2018, si spiegava comunque «come le miscele ottenute dalla Selca Spa di Berzo Demo (che sono anche quelle attualmente in deposito presso il sito di Carrù, di proprietà Acsa) non sono ritenute pericolose “se opportunamente trasportate ed utilizzate in acciaierie o cementifici per essere lavorate ed inserite nel ciclo produttivo”».
Il proprietario del terreno risulta ancora essere la società in accomandita semplice Acsa. Questa, nel ’97, aveva affittato il ramo dell’azienda stessa a un’altra ditta, la Finam di Brescia, che, a fine anni ’90, era stata accusata, dalla Guardia Forestale di Brescia, di lavorazione non conforme, nella trasformazione di residui in materiale siderurgico commerciabile. Anni di indagini e un procedimento penale, però, non hanno portato a nulla: il caso è stato archiviato per prescrizione. Il fabbricato era già stato dissequestrato nel 2014. Della Finam, però, non si ha più alcun tipo di notizie ed è risultata in tutto questo tempo irreperibile. Nel 2020 quindi era arrivata la comunicazione del via libera, di lì a poco, per la rimozione del materiale da parte del socio accomandatario Acsa (ancora proprietaria dei capannoni). Cosa che oggi è, finalmente, avvenuta. E potrebbe far da preambolo alla più complessa demolizione vera e propria degli “ecomostri”, ormai vuoti.