Il periodo era quello del primo lockdown nella primavera 2020. Tuttavia, giura l’accusato, la diffidenza nei confronti di chi in quei giorni circolava “senza motivo” non c’entra con ciò che l’ha fatto finire a processo con l’accusa di minaccia aggravata e violenza privata.
Il protagonista della vicenda è un 74enne, P.A., originario di Casale ma residente a Viola. Quel mattino stava pulendo un bastone con un coltello sulla soglia della sua abitazione. Finché la sua attenzione non era stata richiamata dalla presenza di una donna con un bambino, intenta a parlare con un’automobilista: «A lui ho chiesto solo di abbassare il volume dell’autoradio. Quanto alla donna, ho visto che scuoteva il bimbo come se fosse una bambola e mi sono avvicinato per chiederle di smetterla. Mi ha mandato in bestia vedere come lo stava trattando».
L’anziano ha detto di aver portato con sé il coltello solo «perché non si fidava a lasciarlo incustodito». Tanto era bastato comunque per allarmare prima l’uomo e poi la donna. «Ero in giardino – ha raccontato lei – quando ho visto arrivare l’auto di un nostro amico. Ne ho approfittato per scendere in strada e salutare, poi ho visto sopraggiungere un signore mai visto prima con un bastone in mano. Inveiva contro di noi». Oltre alla minaccia, all’imputato era contestata anche la violenza privata in riferimento a un episodio avvenuto il giorno successivo. In quell’occasione, ritrovando in auto lo stesso uomo con cui aveva avuto il diverbio precedente, P.A. lo avrebbe bloccato minacciando di querelarlo. Per entrambi i capi d’accusa il pm Anna Maria Clemente aveva chiesto la condanna a sei mesi di reclusione.
L’avvocato Mauro Mantelli, al contrario, ha ritenuto valide le motivazioni dell’imputato, compresa quella che lo ha indotto a portare con sé l’arma: «Non poteva lasciare un coltello incustodito, non aveva intenzione di mostrarlo». Il giudice ha infine condannato P.A. a due mesi di carcere per questa sola imputazione, assolvendolo invece dall’ipotesi di violenza privata.