Era stata sorpresa a rubare all’In’s di Carrù, e denunciata nell’ottobre del 2019. L’addetto alla sicurezza del supermercato aveva colto “in flagrante” I.M., cittadina italiana, e aveva provveduto a fermare la donna, in attesa delle Forze dell’ordine. Per tutto il tempo, comunque, la persona si era dimostrata collaborativa. All’interno della borsa, c’era una serie di prodotti alimentari: formaggio Grana Padano, gorgonzola, pancetta, una bottiglia d’olio, salsiccia fresca, salame, spiedini e un vasetto con una pianta di prezzemolo. La “spesa clandestina” ammontava ad appena cinquanta euro.
L’In’s ne ha in seguito ricevuti duecento dall’imputata, a titolo di risarcimento. Ciononostante, la direzione ha rifiutato di ritirare la querela, giustificandosi con l’adesione a una precisa policy aziendale adottata nei casi analoghi. L’istruttoria si era così conclusa con una richiesta di condanna da parte della Procura: sette mesi di carcere e 400 euro di multa, più l’applicazione della libertà controllata e la dichiarazione di delinquenza abituale.
A giustificare la richiesta, malgrado la lieve entità del furto, i numerosissimi precedenti dell’imputata: «Parliamo di un soggetto che ha commesso il primo furto nell’anno 1975 e che si trova oggi a definire l’ennesimo episodio, avendo alle spalle sette pagine di casellario», ha spiegato il procuratore Alessandro Borgotallo.
Il giudice Anna Gilli, tuttavia, si è dimostrata di diverso parere. Pur in assenza di una remissione di querela, nei confronti dell’imputata è stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per intervenuta estinzione del reato, a seguito della condotta riparatoria. Il prezzo è giusto, almeno per il tribunale.