«Questa è una giornata che attendevamo da tanto tempo». Ha esordito così il presidente Alberto Cirio in Sala stampa, giovedì 31 marzo. L'emergenza Covid in Piemonte è ufficialmente terminata. «Sono stati due anni estremamente complicati, per tutti – ha affermato Cirio –. Il Covid non è ovviamente scomparso: non lo si può far "sparire" per decreto. Ma da quel giorno di fine febbraio 2020, in cui è stata costituita l'Unità di crisi ed è iniziata una fase mai immaginata prima, oggi possiamo fare il passo finale: chiudere formalmente l'Unità e trasferire le sue competenze al DIRMEI».
Da domani, venerdì 1 aprile, con la fine del regime di emergenza, il "Dipartimento interaziendale malattie infettive" eredita tutta la gestione della situazione e si chiude la fase emergenziale. Un dipartimento - il DIRMEI - che è letteralmente nato col Covid: non esisteva, nel 2020. Così come non esisteva una piattaforma per il monitoraggio delle RSA, non esisteva una rete di database fra i medici di base, non esisteva una piattaforma che consentisse di caricare, gestire e visionare i dati su infetti e vaccinati.
Come accade per tutte le emergenze, dai disastri si impara. Ci si organizza. Si creano strutture di gestione, si formano competenze, si generano sinergie. Era già successo con l'alluvione del 1994 che, di fatto, fece nascere la Protezione civile come la conosciamo ora. Del resto, è quello che accade al corpo umano quando si ammala: l'organismo prima subisce, ma poi impara. Risponde, si cura e sviluppa anticorpi.
I DATI FINALI
Nell'ultimo bollettino - alla data di ieri, 30 marzo, i dati del Piemonte parlavano di 52.347 persone ancora attualmente positive di cui 614 attualmente ricoverate nei reparti Covid del Piemonte e altri soli 24 in Terapia intensiva. Sono state 13.189 le morti registrate come casi positivi al Covid in Piemonte. L'indice di diffusione del contagio "Rt" è ancora superiore a 1: significa, detto in breve, che il virus è attualmente in fase espansiva. Ecco perché è giusto ribadire che non si può parlare di "fine pandemia". «Il Piemonte ha comunque l'incidenza più bassa di Italia - ribadisce Cirio -, una bassissima anche occupazione di posti letto e una bassissima occupazione di terapie intensive».
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LE ONDATE
«Due anni fa, nel marzo-aprile 2020, eravamo in un campo di battaglia – ha ricordato il Cirio –. In trincea. Oggi è il momento di fare il punto. Ero presidente della Regione da 6 mesi, quando è scoppiato il Covid. Non è stato semplice trovarsi in una tempesta del genere. Non dimentichiamoci che le linee guida venivano emesse dal Governo nazionale, ma poi la loro applicazione era tutta in mano alle Regioni. Avevamo 2 laboratori in grado di processare i tamponi, in tutto il Piemonte. Oggi sono 46, di cui 25 pubblici».
La gestione dell'emergenza + costata alla regione 318 milioni di euro di risorse proprie, a cui si sommano ulteriori 330 milioni di costi coperti dallo Stato.
È evidente a tutti che le quattro "ondate" del contagio hanno avuto sviluppi molto diversi. La prima ondata è stata quella col peggiore bilancio in termini di criticità e vite. nella seconda-terza (quella della variante "Delta"), i ricoveri sono stati nuovamente altissimi: ma questa volta si era già imparato a gestire molto di più. E infine, nella quarta, lo scenario si è ribaltato: a fronte di un numero di contagi doppio, triplo o anche di più di ogni altra ondata precedente, ricoveri e decessi sono rimasti bassissimi. Merito di tanti fattori: il vaccino, e una campagna vaccinale davvero capillare, assieme a una variante di virus (la Omicron) fortunatamente meno pericolosa.
L'assessore Luigi Icardi: «Nella prima ondata avevamo una situazione enormemente difficile. La conoscenza era minore, la confusione era molto alta. C'erano affermazioni altalenanti e contraddittorie in cui si è sviluppato un quadro normativo difficile. Ma siamo riusciti comunque a lavorare bene». Porta persino come esempio il fatto di aver subito «il minor quantitativo di truffe rispetto ad altri»
Enorme l'elenco dei ringraziamenti fatti dalla Regione: «Ringraziamo i medici e agli infermieri negli ospedali, i farmacisti, i medici di famiglia coi quali si è fatta una rete che non esisteva prima, le Prefetture, a partire da quella di Torino il cui supporto è stato enorme, tutti i prefetti delle Province, i presidenti e i sindaci dei capoluoghi a cominciare dall'allora sindaco di Torino Appendino, il direttor egenerale della Sanità, il direttore dell'Unità di crisi Mario Raviolo, poi i tre commissari dr. Coccolo, il dr. Rinaudo e il dr. Manno, la Protezione civile e tutte le forze di volontariato, il CSI che ha creato gli strumenti di software fondamentali ovvero la piattaforma delle RSA e la piattaforma Covid che poi è diventata la piattaforma per la gestione delle vaccinazioni, gli Enti locali e le associazioni, il Comitato epidemiologico».