Messa crismale. Il vescovo ai preti ed ai diaconi: “Sentirsi chiamati ogni giorno come agli inizi”

In Cattedrale a Mondovì Piazza. Una celebrazione che esprime la Chiesa, nelle sue componenti e nella sua missione. Quale futuro per le nostre comunità?

Momento partecipato ed intenso, in Cattedrale a Mondovì Piazza, giovedì santo al mattino per vivere la solenne liturgia della Messa crismale, presieduta dal vescovo mons. Egidio Miragoli: la navata del duomo era pressochè colma con i sacerdoti della diocesi (anche numerosi anziani e giunti dalla stessa Casa del clero, nonché presbiteri ospiti in questi giorni pasquali per collaborare nelle parrocchie), con i diaconi, con le consacrate, con i ministranti e con un bel gruppo di fedeli. Per questa presenza incoraggiante ha avuto parole di gratitudine il vescovo iniziando l’omelia, ringraziando anche “per la cordiale accoglienza e la disponibilità che sempre gli viene manifestata, che contribuiscono non poco ad alleviare le fatiche e rendere fiducioso pure nelle difficoltà”.

«Questa celebrazione – ha detto il mons. Egidio Miragoli, nell’omelia  – ha un particolare significato per il vescovo e per i presbiteri che fanno memoria e rendono grazie per il dono del sacerdozio; ma la presenza di una rappresentanza di tutto il popolo di Dio dice bene lo scopo ed i destinatari della nostra missione: se festeggiamo soli, avrebbe ben poco senso; anzi, avremmo poco da festeggiare. Sono infatti i destinatari di un annuncio a dare senso all’annuncio, come il campo dà valore alla semente, o gli allievi ad un magistero. Perciò, è essenziale che siate qui con noi. Senza contare che la vostra presenza di laici e consacrate dice vicinanza spirituale e la collaborazione che offrite a noi sacerdoti: non siete solo coloro cui si rivolge la nostra azione pastorale; siete coloro che con noi operano per costruire il Regno, per cercare di fare del mondo un luogo un poco più conforme al Vangelo. Perciò, mentre ringrazio di cuore tutti i sacerdoti ed i diaconi per la loro dedizione negli svariati campi del ministero, non posso non ringraziare tutti i fedeli che si fanno loro collaboratori, partecipi delle loro fatiche e della loro missione: catechisti, animatori d’oratorio ed educatori, operatori della carità, animatori della Liturgia, membri dei Consigli pastorali parrocchiali, volontari fissi od occasionali per tutte le circostanze. Per una volta, in tempi così difficili, concediamoci la consapevolezza del bene che cerchiamo di costruire e diffondere. Mentre i grandi si provocano, si sfidano, cedono alla brutalità della violenza e delle distruzioni quasi giocando con le case, la normalità e le vite delle persone comuni, noi persone comuni, umilmente ma instancabilmente, lavoriamo nella vigna del Signore perché porti più frutto. Perciò, chiedo proprio al Signore che conceda a noi tutti di ricordare sempre che agiamo per Lui e con Lui, servi inutili, certo, ma ad un tempo necessari, specie in un’epoca tanto travagliata ed incerta».

Di nuovo chiamati, ancora inviati
«Il mio primo pensiero è per i sacerdoti, ovviamente, per tutti, per i presenti e gli assenti, per gli anziani e gli ammalati che però so presenti con il cuore – ha aggiunto il vescovo –. Il giovedì santo ci raccoglie nella Cattedrale, attorno all'altare presso il quale un giorno, dopo essere stati chiamati, abbiamo risposto: "Eccomi, Signore". Quel giorno abbiamo messo la nostra vita nelle mani del Signore e nelle mani della Chiesa. Si era tutti giovani, allora molto giovani; non sapevamo dove quel passo ci avrebbe condotti, ma non ce ne curavamo: nel profondo del cuore sapevamo di poterci fidare, proprio come afferma san Paolo: "So a chi ho dato fiducia" (2 Tm 1,12). Questa mattina ci ritroviamo per la celebrazione annuale del Giovedì santo e ancora una volta, nel rinnovo delle promesse sacerdotali, diremo: "Si, lo voglio", che tradotto significa: “Signore, eccomi, ancora una volta. Fa di me secondo la tua volontà”. A differenza della prima volta, oggi ci accompagna la vita, cioè gli anni, più o meno numerosi, spesi nel ministero. Oggi sappiamo bene cosa comporta quell'Eccomi... Il nostro cuore, e perfino i nostri corpi conoscono le gioie ma anche le fatiche e le delusioni che la vita sacerdotale comporta. Rechiamo le cicatrici dei momenti più duri, oltre ai ricordi degli attimi gratificanti. Eppure, anche muovendo dalla coscienza di tanta contraddittoria complessità, siamo qui a ripetere il nostro “Eccomi, sì, lo voglio”: luminoso di entusiasmo quello di un tempo; più meditato e magari sofferto, ma per ciò più carico di significato, quello di oggi. Non foss’altro, per il valore aggiunto della lunga fedeltà a una scelta, a un’intuizione e a una vocazione».

«In questa occasione, però, mi pare bello anche ricordare la dimensione collettiva del presbiterio della Diocesi - ha ribadito ancora -. Nel vivere la nostra vocazione, noi non eravamo e non siamo soli: abbiamo condiviso le difficoltà e gli ideali con tanti confratelli. Anche per loro vogliamo dire grazie al Signore: per chi è ancora accanto a noi, specie nell’amicizia e nella collaborazione, per chi lungo il cammino ha scelto altre strade, per coloro che ci hanno lasciato definitivamente per l’eternità. Siamo stati tutti servi eletti di Dio, sacerdoti scelti dal mistero della Sua volontà che, insieme e - lo ripeto - mai soli, hanno cercato di dare un senso alle loro vite amando Dio e il prossimo secondo l’annuncio del Vangelo».

Il segno dell’olio, segno di Grazia ricevuta e donata
Il vescovo si è soffermato poi sul segno importante dell’olio. «Questo stesso olio ha unto tutti noi, consacrandoci a titolo diverso, nel Battesimo, nella Cresima, nel sacramento dell'Ordine. È questa la nostra dignità, è questa la nostra grandezza. Il Crisma ci ha configurati a Cristo, conferendoci un'impronta iniziale, indelebile, che siamo chiamati a confermare e a completare personalmente con il nostro impegno quotidiano di vivere il Vangelo. Sta in questa unzione anche la speranza che deve animare la nostra missione, di sacerdoti e di laici. Lo Spirito di Dio, che è in noi, ci è dato per la missione - è questa la garanzia, la nostra forza - ma lo Spirito di Dio è anche in ciascuno dei nostri fratelli: come dire che Dio è in tutti, potenzialità da risvegliare, rispettosa presenza, che ci precede. Al termine della celebrazione e nei giorni successivi, come è tradizione, ogni sacerdote attingerà a questo olio e lo porterà nelle rispettive parrocchie. È un gesto pratico, ma anche simbolico, ben altro che un semplice trasporto all'esterno. È piuttosto un processo interiore per cui noi diventiamo servitori della vita, per cui portiamo in tutto il corpo della Chiesa quest'olio creatore, mettendoci a servizio dei nostri fratelli, per la loro salvezza».

Per il futuro della nostra Chiesa
«Un ultimo pensiero, cari sacerdoti, vorrei di nuovo dedicarlo alla grandezza della nostra vocazione che oggi la liturgia celebra. Essa va di pari passo con l’urgenza della missione e le necessità del mondo. Siamo custodi e portatori non di beni materiali, di immediata evidenza, ma di Gesù Cristo e del suo Vangelo, valori spirituali che l’uomo sovente ha smarrito o con fatica sa riconoscere e ricercare. Gli esiti sono sotto gli occhi di tutti: l’infelicità vuota che devasta la vita di molti. E qui la mia riflessione non può non andare oltre questa celebrazione e questa assemblea, e ancora una volta proiettarsi in avanti. Non senza sporgersi su una sorta di vuoto che mi stringe il cuore. Conosco bene l’età anagrafica di tutti noi. Ebbene: le nostre fatiche di oggi, i nostri progetti rischiano di rimanere inattuabili o incompiuti, come quelli di padri senza eredi. Guidiamo quindi comunità cristiane che, di questo passo, rimarranno presto senza pastori, senza ministri per i sacramenti, per l’annuncio del Vangelo. Sorge spontanea la domanda: “Di chi è la colpa? Dei giovani che non rispondono?”. Forse. Ma mi pare una risposta semplicistica e comoda. Certamente i giovani che non sembrano minimamente sensibili alla possibilità della vita sacerdotale sono il prodotto di una cultura, di un clima, di un certo modo di intendere la vita. Cui neppure noi, tuttavia, possiamo sentirci del tutto estranei, per lo meno, credo, nella mancanza di slancio e di coraggio nel proporre, ogni volta che non li aiutiamo e non li sosteniamo, non diamo volume alla voce appena sussurrata dallo Spirito e neghiamo la luce e il calore del nostro entusiasmo alla scintilla della loro incerta vocazione. Temo che qualche volta siamo stanchi e spaventati noi, per primi! Ma così non potremo certo suscitare intorno alle nostre figure alcuna fioritura vocazionale. Se questi sono i tempi, ancora una volta faccio appello alla preghiera delle nostre comunità; e insieme faccio appello al nostro impegno, alla nostra intraprendenza, per testimoniare la bellezza della nostra scelta, la necessità e l’efficacia del ministero sacerdotale».

Testo integrale dell'omelia sul numero cartaceo de L'Unione in edicola da mercoledì 20 aprile

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