Raccontare, o per lo meno tratteggiare il profilo di Pier Paolo Pasolini è assai complicato, nonostante, o proprio perchè, lo si considera a tutt'oggi uno dei più importanti artisti italiani del '900.
Il termine artista, e non quello di autore, poeta, o maestro, è usato a ragion veduta; Pier Paolo Pasolini è difficilmente catalogabile all'interno di una sola arte. Egli attraversa le arti che frequenta, senza mai esserne schiavo. Al contrario, e come tutti i grandi (qualcuno si scandalizzerà) vedi Leopardi, si è calato nella poesia, nella cronaca giornalistica o nella prosa, piuttosto che nel romanzo o nel cinema, servendosi del medium all'occorrenza più adatto per esprimere la propria poetica e declinare la propria idea filosofica, che nel suo caso specifico si esplicita nel pensiero politico.
Difficile raccontare Pasolini estraendo il personaggio, fatto di profonde contraddizioni, dal contesto storico in cui crebbe e poi si calò: una famiglia dell'alta borghesia caduta in disgrazia, raminga durante la sua infanzia tra le montagne del Friuli e l'Emilia, l'arrivo a Roma e la vita nelle borgate, la religione cattolica e l'ideologia marxista, un'omosessualità vissuta tra eros e accettazione di sè. Questo percorso deve passare attraverso una lente: all'interno della società in cui Pasolini visse, prendendo parte al dibattito che ne derivò, la concezione dell'uomo ed il ruolo che l'artista occupa diventano declinazione per capire la centralità culturale del messaggio politica.
L'aspetto più incredibile del messaggio pasoliniano riguarda l'attualità del suo pensiero. Sebbene sia difficile calarlo nell'attualità, e per quanto le sue parole, immortalate da celebri interviste paiono lontane, rimbombano ancora fragorose nella loro solennità. I suoi messaggi sono ancora oggi un modo per far riflettere, non adagiarsi ad un pensiero comodo, ma al contrario pretendere il beneficio del dubbio ed esigere uno spirito critico.
Dagli Scritti Corsari ai Comizi d'Amore, passando per le giovanili Poesie a Casarsa, le opere cinematografiche o quelle teatrali, l'opera di Pasolini è a dir poco organica e pare sottendere ad una forma di ortodossia dei suoi stessi princìpi. Pasolini è radicale, risolutivo, ma anche in questa visione ortodossa non può essere letto con sguardo dogmatico poiché da questo prenderà sempre le distanze. Per quanto Pasolini creda nei propri messaggi e nella loro forma d'espressione, ci invita a non abbandonarci ad un'interpretazione acritica della realtà, abbandonando i dogmi che usiamo come rassicurazioni. Intervistato da Jean-André Fieschi (Cahiers du Cinéma, 1966) dichiarò: “Appena in Italia c'è un arrabbiato, sente immediatamente il dovere di non essere arrabbiato, ma rivoluzionario. Ed essere rivoluzionari in questo momento in Italia significa assumere un'altra forma di moralismo. I comunisti rivoluzionari italiani in questo momento sono tutto sommato ancora dei borghesi o dei piccolo borghesi in doppiopetto che, anziché avere alle loro spalle a rassicurarli i dogmi del cattolicesimo o del conformismo borghese, hanno i dogmi dell'ideologia marxista...Per me l'arrabbiato ideale, il meraviglioso arrabbiato della tradizione storica è Socrate”.