Omicidio Gropcaj, accusato imprenditore di Mondovì: ecco la nota ufficiale della Giustizia brasiliana

Omicidio Gropcaj, accusato l'imprenditore di Mondovì: ecco la nota ufficiale della Giustizia brasiliana

Non sono solo indiscrezioni: sui recenti sviluppi del caso dell'omicidio di Alban Gropcaj c'è una nota ufficiale della Giustizia brasiliana. Una nota che si intitola: "La giustizia riceve denuncia dal Pubblico ministero contro un italiano e due brasiliani coinvolti nella morte di un turista albanese a Caucaia". La Procura brasiliana ha ufficialmente accusato l'imprenditore monregalese Guido Bertola di essere uno dei mandanti dell'assassinio di Gropcaj.

Un comunicato, comparso sul sito web del Ministério Público do Estado do Ceará (MPCE), ovvero del Pubblico Ministero dello Stato del Ceará, lo stato brasiliano il cui capoluogo è Fortaleza, la città in cui nel febbraio 2019 avvenne  l'omicidio del 28enne di origine albanese residente a Vicoforte. Proprio a Caucaia: comune del Brasile nello Stato del Ceará, parte della microregione di Fortaleza.

La nota del MP  brasiliano si può trovare a questo link, in forma integrale. In Brasile il MP è più o meno l'equivalente del nostro PM, il Pubblico Ministero: istituzione essenziale alla funzione giurisdizionale dello Stato, preposta alla difesa dell'ordinamento giuridico. Nei singoli territori, la Procura della Repubblica degli Stati (come il PMCE) comprende l'Ufficio del Procuratore Generale, il Collegio dei Procuratori, il Consiglio Superiore del Pubblico Ministero e l'Ufficio Generale della Procura della Repubblica.

La nota è stata rilanciata dai social ufficiali della MPCE:

 

“Albi” Gropcaj lavorava da ben 14 anni per la carpenteria metallica monregalese “Azzurro” di Bertola, ed era uno degli operai più affezionati. I due erano insieme la sera della tragedia. Quella sera, tra le 22,30 e le 23, Bertola e Gropcaj stavano tornando da un ristorante da Fortaleza verso la casa dell'italiano a Caucaia, sobborgo di Fortaleza, quando vennero avvicinati da due individui in moto. Hanno intercettato l'auto su cui i due stavano viaggiando, allontanato l'albanese dal veicolo per poi ucciderlo con tre colpi di pistola, due alla testa e uno alla spalla. L’ipotesi principale portava a una rapina finita nel sangue. Ma la procura brasiliana ha una versione differente: gli inquirenti parlano ora di un omicidio su commissione.

La nota ufficiale afferma: «La giustizia ha ricevuto mercoledì 20 aprile una denuncia dal Pubblico Ministero dello Stato del Ceará (MPCE) contro un italiano e due brasiliani coinvolti nell'omicidio di un turista albanese, a Caucaia. Il fatto è accaduto la notte del 18 febbraio 2019, nel quartiere di Tabuba, e la denuncia è stata presentata martedì scorso (19/04) dal pm Jairo Pequeno Neto. L'albanese era impiegato dall'italiano in una società con sede in Italia, ma si è recato in Brasile su richiesta dell'imputato per fargli compagnia. L'indagine ha evidenziato che l'albanese A.G. è stato assassinato dall'imputato R.L.L. e da altra persona non identificata, per volere della brasiliana S.H.S.R. e dell'italiano G.B. Secondo la denuncia, lo straniero avrebbe voluto la morte dell'albanese per interessi finanziari, poiché la vittima stava sviluppando un grande progetto all'interno dell'azienda italiana e, con la sua ascesa, l'imprenditore temeva che il dipendente potesse interrompere l'attività. La brasiliana S.H.S.R., invece, riteneva che l'albanese fosse un ostacolo nel suo rapporto con l'italiano, poiché a volte portava lo straniero ad allontanarsi da lei. Così, secondo la denuncia, l'albanese A.G. e l'italiano G.B. stavano tornando da un ristorante di Fortaleza verso la casa dell'italiano a Cumbuco, nel Caucaia, quando sono stati avvicinati da due individui in moto, che hanno intercettato l'auto, hanno allontanato l'albanese dal veicolo e lo ha giustiziato con tre colpi di pistola, due alla testa e uno alla spalla. Nell'incidente non è stato preso nulla, il che escluderebbe una rapina e la situazione ha privato la vittima di ogni possibilità di fuggire o difendersi. Dalle indagini è emerso anche che l'auto guidata dall'italiano era parcheggiata, in linea retta, con le porte chiuse, vicino al marciapiede, e non si è udita alcuna frenata al momento dell'intercettazione degli assassini. Risulta, quindi, che l'italiano abbia parcheggiato il veicolo in attesa dei malviventi. Secondo le indagini, la vittima non aveva nemici in Italia, tanto meno in Brasile, poiché si trovava a Caucaia solo da quattro giorni e in nessun momento è stato coinvolto in una situazione che potrebbe creare disaffezione. Testimoni hanno anche affermato che il verificarsi di rapine notturne nel quartiere non è comune. “Sembra che quella cena sia stata un mero pretesto per portare fuori di casa l'albanese e dare così l'opportunità di ucciderlo in strada, in un luogo poco trafficato, cercando di far capire come la morte sia stata un'eventuale rapina senza successo. L'imputato ha attirato la vittima a Caucaia, credendo nella fallacia dell'impunità della giustizia brasiliana, poiché non ha potuto giustiziarlo in territorio italiano, temendo il rigore delle leggi della sua terra”, precisa il pm Jairo Pequeno Neto».

La denuncia del pm, secondo il complesso sistema giudiziario del Brasile che è strutturato a livello strettamente federale, è stata presentata lo scorso 19 aprile. Ora il giudice federale dovrà valutare se ci sono gli estremi per un eventuale procedimento. «La notizia ci sorprende in quanto non è giunto a noi alcun atto formale», commenta l’avvocato Simone Bianchino, legale della famiglia Bertola, che ha seguito fin dalle prime battute la tragica vicenda. «Come sempre fatto, assicuriamo la massima disponibilità e collaborazione alle autorità brasiliane. Restiamo in attesa, allo stato attuale non abbiamo ricevuto, lo ripeto, alcun tipo di comunicazione. Non è possibile dunque alcun ulteriore commento». Anche l'avvocato della famiglia Gropcaj non ha voluto rilasciare dichiarazioni.

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