L’universo magico di Harry Potter ha raggiunto ormai il quarto di secolo ma continua ad essere in ottima salute, col nuovo capitolo della saga giunto in questi giorni al cinema. Nato nel 1997 dalla penna di J.K. Rowling, l’opera si colloca nel genere dell’urban fantasy, un fantasy dove la magia si mescola al nostro mondo e alla vita quotidiana, per quanto i maghi vivano infatti in una società segreta e separata. Ciò fa sì che il PotterVerse abbia più di un penchant verso l’immaginario esoterico: a partire dal primo volume dove il giovane mago (e il suo arcinemico Voldemort) cerca la Pietra Filosofale di Nicholas Flamel, mago realmente esistito. Nel corpus potteriano appariranno altri elementi della tradizione magica: esiste Merlino, Draco Malfoy usa la Mano della Gloria, e anche altri aspetti della magia rituale, pur rielaborati, hanno qualche riferimento di fondo alla tradizione iniziatica, complice una certa contiguità giovanile della Rowling ad ambienti Wiccan. Tanto è vero che non sono mancate critiche ad Harry Potter come viatico verso l’esoterismo, a partire dall’opera di Gabriele Kuby che ottenne un certo avallo di Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la difesa della fede. In realtà la Rowling su questo aspetto è piuttosto prudente: nel suo cosmo narrativo la Chiesa sembra non esistere, né in positivo né in negativo, come nel laicissimo mondo del “Cuore” di De Amicis. E la magia è letta in una chiave più umoristica e simbolica che autenticamente iniziatica. Non sono del resto mancati nemmeno strali dai veri “maghi inglesi” della letteratura, a partire da Alan Moore, romanziere e fumettista di primo piano autenticamente devoto alla sapienza magica, che nella sua “Lega dei Gentiluomini Straordinari” fa apparire sarcasticamente Harry Potter come una mediocre incarnazione dell’Anticristo (la Rowling non si degnò di rispondere). Non mancano ovviamente gustose sovrainterpretazioni alla “Pendolo di Foucault”: Harry è Potter, Vasaio, per un rimando al Vaso/Graal; la madre Lily Evans che fa l’incantesimo che lo rende speciale e lo protegge da Voldemort rimanderebbe al dualismo gnostico Lilith/Eva, Hermione (che è la donna amata da D’Annunzio nella pioggia del pineto: coincidenze?) rappresenterebbe un Hermes femminino, Dumbledore che può evocare “La porta muta”, tradotto da noi con “Silente”, a indicare il criptico mentore del fanciullo prodigio. E se sui simbolismi serpentino-diabolico-fascisti di Voldemort si è speso ovviamente molto, attendiamo che di questi tempi si consideri anche l’omofonia col nome slavo Volodymyr, che rimanda a un Vlad piuttosto noto.
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