Il processo per l’omicidio di Dronero a carico di G. T., il 58enne affetto da problemi psichiatrici che lo scorso 30 marzo aveva ucciso la mamma, si è aperto e chiuso in poco tempo nella giornata di martedì presso il Tribunale di Cuneo. L’imputato non è comparso in aula: dal giorno della tragedia è ricoverato in una struttura protetta del territorio. La mattina dell’omicidio aveva cercato di togliersi la vita, nell’abitazione che divideva con la madre 89enne, Olga Aimar. L’anziana era intervenuta per cercare di distoglierlo dall’insano proposito, ma il figlio, in preda a un raptus, l’aveva soffocata.
Per i periti del Tribunale non ci sono dubbi: l’omicida era del tutto incapace di intendere e di volere al momento dei fatti. Ex operaio in pensione, l’uomo è affetto fin dall’età giovanile da schizofrenia paranoide cronica. Era stato lui stesso, dopo essersi reso conto dell’accaduto, ad avvisare la sorella. All’arrivo dei Carabinieri si era consegnato senza opporre resistenza.
Durante questi mesi la famiglia ha mantenuto i contatti con lui, occupandosi anche della vicenda legale. La Corte d’Assise di Cuneo, presieduta dal giudice Elisabetta Meinardi, ha dichiarato l’imputato incapace di intendere e di volere. La comune richiesta era giunta dal procuratore capo Onelio Dodero e dall’avvocato Susanna Battaglia. Vista la persistenza della pericolosità sociale, è stata applicata la misura di sicurezza del ricovero per un tempo non inferiore a dieci anni. Verrà prossimamente trasferito in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza.