Si è chiuso con una condanna e due assoluzioni il processo per lesioni gravissime contro tre automobilisti, coinvolti in un incidente lungo l’autostrada A6 che provocò sei feriti nel settembre 2018. Il sinistro, dalla dinamica complessa, avvenne intorno alle ore 6,20 di mattina nel tratto di Bene Vagienna.
A innescarlo, il tamponamento di una Lancia Y da parte di un camioncino che viaggiava in direzione di Mondovì. A bordo del camion erano presenti tre persone, il padre con i due figli di Roccaforte Mondovì: i tre, tecnici di impianti idraulici, tornavano da Torino dopo un lavoro. Dopo il tamponamento la Lancia si era girata su se stessa ed era rimasta ferma in carreggiata, mentre l’altro veicolo aveva accostato in corsia di emergenza a qualche centinaio di metri di distanza.
Circa un minuto e mezzo dopo, una Fiat Sedici aveva scheggiato la Lancia ed era poi finita contro il camion: nel secondo incidente uno degli occupanti del camion, 43enne, che era sceso dal mezzo, era stato schiacciato dall’autocarro contro il guard rail e aveva subito l’amputazione di una gamba. A processo con l’accusa di lesioni colpose gravissime sono stati chiamati il conducente del camioncino, I.L. (fratello del ferito), il guidatore della Lancia Y, R.G., e anche l’automobilista sopraggiunto a bordo di una Fiat Sedici, S.P. Al momento del secondo incidente nessuno dei passeggeri dell’autocarro indossava ancora i giubbotti catarifrangenti.
La Procura ha domandato per ciascuno la condanna a due mesi di reclusione. Il pm Alessandro Borgotallo, in particolare, ha contestato un sorpasso azzardato all’autista del camion, ravvisando in esso l’origine del primo incidente. Anche il guidatore della Lancia Y tamponata, però, avrebbe commesso un’infrazione, omettendo di segnalare in tempo la presenza dell’auto incidentata sulla strada con il triangolo e le quattro frecce. Quanto al conducente del terzo veicolo, la Fiat Sedici, «aveva la possibilità di evitare quell’ostacolo»: lo dimostra, secondo l’accusa, il fatto che altre sei macchine erano transitate in quel minuto e mezzo senza scontrarsi con l’auto ferma né con l’autocarro.
Tutte e tre le difese, per contro, hanno domandato l’assoluzione dei rispettivi assistiti. Per l’avvocato Silvia Genta, legale dell’automobilista tamponato dal camioncino a bordo della Lancia Y, l’uomo «non avrebbe potuto tenere una condotta differente». Nello spazio tra il primo e il secondo incidente avrebbe anche tentato di azionare le quattro frecce e le luci, senza però riuscirci. Il difensore di I.L., l’autista del camion, ha insistito invece sulla «non consequenzialità» tra i due incidenti. Rispetto al secondo e più drammatico incidente si ravvisa «una totale assenza di colpa da parte del conducente e dei passeggeri del camion, che hanno rispettato le norme della strada fermandosi in sicurezza». L’avvocato Pierpaolo Chiorazzo difendeva il terzo automobilista, S.P., sopraggiunto sulla Fiat Sedici: «Non ha violato alcuna regola cautelare. Il fatto che sopraggiunga dopo oltre un minuto va a suo discapito anziché provarne la colpa, perché non era a conoscenza del tamponamento di cui altri automobilisti erano stati testimoni».
È accertato, ha aggiunto il legale, che S.P. viaggiasse al di sotto dei limiti di velocità: «Quando ha notato l’autocarro fermo non si è spostato per sorpassare, ma per prudenza. Questo spostamento però è stato fatale, perché ha originato lo scontro con la Lancia Y». In capo al solo S.P. il giudice Elisabetta Meinardi ha ravvisato profili di responsabilità penale, che ne hanno determinato la condanna a otto mesi di reclusione. Gli altri due imputati sono stati invece assolti.