Paolo Fiore torna al “Dolce tempo della raccolta”

“Il suono del silenzio”: Paralipomeni al monumentale libro precedente “Il dolce tempo della raccolta” dedicato al professore monregalese Angelo Dutto.

Nello scassatissimo mondo dell’editoria contemporaneo, dove escono centinaia di libri l’anno per vendere poche copie cadauno, il coraggio di Paolo Fiore come autore (e di converso del suo editore Internos) è davvero disarmante. Nel 2021 ha pubblicato un romanzo di quasi ottocento pagine, ed oggi esce con un nuovo libro, “Il suono del silenzio” più agile, ma che richiama inequivocabilmente al precedente. “Paralipomeni a “Il dolce tempo della raccolta” recita il sottotitolo. Come a suggerire, a quei pochi che si ricordano il significato di paralipomeni (ammetto di essere dovuto andare a ripassare il concetto sulla Treccani): “inutile leggerlo se non avete letto prima l’altro”. In realtà non è così determinante, anzi, sfogliarlo potrebbe destare una certa curiosità nei confronti dell’opera precedente. Fiore del resto è un tipo che non si risparmia anche una certa autoironia, come si intuisce già dall’introduzione dove, ripensando ai canonici venticinque lettori di Manzoni, scherza sull’«unico lettore» del capitolo precedente. “Il dolce tempo della raccolta” era un curioso romanzo, che aveva il suo cuore pulsante nel personaggio torrenziale di Angelo Dutto, una sorta di Ennio Flaiano monregalese. Malinconico flâneur alle prese coi ricordi di una vita, è un ex-professore di liceo, che attraversa i suoi ultimi giorni e riflette sul suo passato. I suoi monologhi interiori combinano, come schegge impazzite, reminiscenze scolastiche, riflessioni a tutto campo, fantasmi personali e sensi di colpa. Se in quel testo Dutto era il motore di tutto, “Il suono del silenzio” è esattamente l’opposto. Leggerlo è come intrufolarsi in una chiacchierata tra vecchi amici e conoscenti del professore che, dopo la sua scomparsa, si ritrovano al suo bar preferito per ricordarlo, con i suoi tic e le sue manie. Tra un bicchiere e l’altro, memorie, aneddoti e considerazioni, si accumulano componendo un ritratto dell’assente. Si ricostruiscono retroscena, nuovi punti di vista su Dutto, sui suoi discorsi e i suoi ragionamenti, sull’attualità fittizia del romanzo. La trama è ambientata infatti in un futuro prossimo, in un dopoguerra non meglio precisato. Il libro è un giallo senza crimine, in cui l’oggetto dell’indagine è la comprensione di un personaggio a cui tutti erano affezionati, ma che nessuno aveva davvero capito fino in fondo. I tempi supplementari di una partita che evidentemente ha appassionato e divertito così tanto Fiore da indurlo a non chiudere definitivamente il progetto prima di un ultimo brindisi a Dutto. Ultima annotazione: chi ha letto e amato il libro precedente faccia attenzione alla copertina: l’autore si è divertito a includere una chicca molto divertente e significativa.

Paolo Fiore. Torinese d’adozione, l’autore è nato a Mondovì. Si è trasferito a Chiavari in Liguria e poi nel capoluogo piemontese dove lavora nella pubblica amministrazione. Di formazione archeologo, la passione per la letteratura lo ha portato a pubblicare una raccolta di racconti e i romanzi, “Pascolare il vento” e “Il dolce tempo della raccolta”, ambientati rispettivamente nel paese ligure e nel contesto monregalese. “Il suono del silenzio” più che un terzo romanzo è quasi un appendice al lavoro precedente.

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