Invito al viaggio
di Paolo Roggero
Nel 1822 le guardie dello zar Alessandro I incapparono in un curioso individuo che tentava di avventurarsi nelle steppe della Siberia. Si trattava di un inglese, che arrestarono immediatamente per spionaggio.
Il bizzarro personaggio tentò di giustificarsi, dicendo di essere in viaggio per proprio interesse, ma nessuno gli credette. Chi, nei primi decenni del XIX° secolo, poteva desiderare di avventurarsi in uno dei luoghi più inospitali del mondo per curiosità o vacanza? Forse solo lui: James Holman.
Arruolatosi nella Royal Navy a 12 anni, nel 1798, aveva servito sulle navi di sua maestà britannica fino al 1812, quando fu colpito da una malattia misteriosa, che lo fiaccò e gli inflisse emicranie e atroci dolori agli arti. A 25 anni dovette congedarsi e gli fu garantito un vitalizio a corte, con il ruolo formale di Cavaliere navale. In pratica, aveva come unico obbligo la preghiera, due volte al giorno, per il re e per la corte. Comprensibilmente, dopo qualche tempo, il povero Holman fu preso da una noia terrififi cante. E iniziò a desiderare di viaggiare.
Si fece accordare un permesso speciale a corte, per poter abbandonare il suo ruolo marginale, ma che comunque gli assicurava il sostentamento, e intraprese una serie interminabile di viaggi, senza arretrare di fronte alle destinazioni più improbabili e pericolose. Dopo un tour in Europa tutto sommato abbastanza innocuo, si mise in testa di attraversare la Siberia. Negli anni successivi viaggiò in lungo e in largo in tutti e cinque continenti, accumulando esperienze e osservazioni che annotò diligentemente nei suoi libri di viaggio.
Testi che attirarono la curiosità di tutto il continente (tra i suoi lettori pure Charles Darwin), anche perché erano ricchissimi di informazioni e divagazioni: si potevano trovare i resoconti di un’escursione sul Vesuvio in eruzione (che compì davvero), nonchè ricette tipiche locali, oltre che pettegolezzi, storie, folklore, usi e costumi locali.
Si stima che in tutta la sua vita James Holman abbia percorso più di 400.000 chilometri, vivendo avventure straordinarie, e viaggiando per lo più con mezzi modesti. Sembra una storia decisamente incredibile, fin qui, ma arriva ad essere decisamente inverosimile quando si aggiunge un ulteriore tassello al puzzle della sua vita: la malattia che lo aveva colpito in giovane età lo aveva privato anche della vista.
Attraversò più volte il pianeta ed era completamente cieco. Tant’è che insieme alla fama, Holman raccolse anche molti detrattori, lettori scettici che non credettero mai al contenuto dei suoi libri. Sembrava impossibile che un cieco potesse fare tutta quella strada e riempire pagine e pagine di contenuti su terre che, a rigore, non aveva mai visto. Eppure quei testi erano pieni di rumori, sapori, odori, suggestioni, sensazioni tattili, esperienze, storie. Perché un uomo in quelle condizioni, in un’epoca come quella, doveva scegliere di correre pericoli del genere? Holman era un uomo di tanti interessi e curiosità ma la sua motivazione principale stava nel fatto che i viaggi avevano su di lui un forte potere terapeutico.
Viaggiare alleviava le sue sofferenze, fisiche ed esistenziali. A corte i dolori che lo affliggevano si facevano intollerabili. Viaggiare e successivamente impiegare il tempo in Inghilterra scrivendo… erano le sole attività che gli rendessero tollerabile la vita. La sua
storia è una testimonianza straordinaria della forza profonda del viaggiare per l’esperienza umana.