Quello del viaggio è un tema che in musica si percorre in lungo e in largo oramai da qualche decade. Il primo pensiero, almeno nella musica italiana, va dritto al compianto Franco Battiato che di mondi esotici e di suggestioni itineranti ha riempito le sue canzoni: un viaggio al limite del metafisico, il suo, che si conclude idealmente con gli omaggi contenuti in “Fleurs” la cui prima raccolta annoverava anche Invito al Viaggio.
La poesia di Baudelaire appare dirompente ancora oggi in un mondo dove l’immagine e la sua riproduzione dominano ovunque e tolgono spazio a fantasia e sogno.
Ma vista la ricorrenza balza alla mente la storia che ci si appresta a raccontare: quella che rappresentò una sorpresa deflagrante nel mondo della musica italiana, e che 25 anni fa lasciò alla storia un punto di non ritorno. Era un venerdì di settembre (il giorno in cui
uscivano le classififi che FIMI) del 1997 quando, dopo le due settimane degli Oasis con il loro Be Here Now e poco prima che Giorgia tornasse alla ribalta con la produzione di Pino Daniele per Mangio Troppa Cioccolata, in Italia il disco più venduto fu Tabula Rasa Elettrificata dei CSI.
Quello che si sarebbe rivelato essere l’ultima produzione inedita della band fu il primo momento in cui il pop incontrò in modo tutt’altro che banale la cultura indipendente. L’esperienza dei CSI fu da sempre legata a mondi e terre più o meno lontane. Quel viaggio che insieme a Zamboni e Ferretti fecero Giorgio Canali, Francesco Magnelli, Gianni Maroccolo e Ginevra Di Marco era cominciato con Ko De Mondo – pensato, scritto e registrato nel Finistère della Bretagna – e cresciuto negli anni crudi e difficili delle guerre balcaniche con Linea Gotica e le Cupe Vampe che avvolgevano la Vijecnica di Sarajevo.
Nel terzo (che si rivelò poi) episodio il punto di partenza e arrivo fu la Mongolia, il deserto dei Gobi e la cultura buddista. Ancora oggi Tabula Rasa Elettrificata rappresenta uno dei momenti più alti della cultura musicale italiana, irrimediabilmente legato ad un tempo oramai perduto, ma in cui proprio l’emozione fisica e interiore dell’ascolto ritrova forza nelle parole e nelle immagini evocate di quel viaggio.
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