Una nuova lapide, più visibile a tutti per non far assopire la memoria su ciò che è stato. È stata svelata questa mattina, nell’antivigilia di Natale, sulla cancellata laterale del Castello di Carrù. L’iniziativa, voluta dalla sezione locale dell’Anpi carrucese “Felice Cenacchio”, ha potuto contare sul sostegno del Comune, della Banca Alpi Marittime (che ha sede proprio nel castello) e delle Scuole.
Era presente infatti una folta rappresentanza degli studenti di Terza media nel ricordo di Giovanni Liri, partigiano monregalese ucciso a 20 anni proprio nel sentiero del Boschetto del Rivo a Carrù, un centinaio di metri sotto rispetto a dove è stata piazzata la nuova lapide. A ricordarne la storia la professoressa in pensione Rosita Oreglia, presidente Anpi Carrù: «Liri nacque a Mondovì Piazza, il 4 agosto 1924, figlio di Giuseppe e Caterina Trinelli. Sappiamo che risiedeva a Torino e apparteneva a un distretto militare. Poi si unì ai partigiani della Formazione Mauri fino alla sua morte, avvenuta nel febbraio del 1945. Non è chiaro come sia finito al Castello di Carrù, probabilmente venne arrestato. All’epoca i fascisti, comandati dal terribile tenente Rizzo (era definito come una “vera belva”) ne fecero una prigione e un luogo di tortura. I suoi uomini promisero al ventenne Liri la libertà e lo lasciarono andare. Ma alla prima curva del sentiero fu barbaramente fucilato alle spalle».
Un particolare ringraziamento è stato poi rivolto a Garelli Marmi per il generoso omaggio della lapide e alla ditta Edilcar. I ragazzi delle Scuole, accompagnati dalla dirigente scolastica Loredana Montemurro, hanno recitato le parole de “La libertà” di Giorgio Gaber («non è uno spazio libero, libertà è partecipazione»), seguita dalla lettura delle celebre poesia in piemontese “Natale ‘43” da parte della signora Romana Gaiero. Tutti insieme hanno poi cantato, sulle note del trombettista Giancarlo Pecchenino, “Bella Ciao”. In chiusura l’intervento del sindaco Nicola Schellino, che ha citato il poeta latino Orazio: «L’errore tipico degli adulti è lodare il tempo passato, quello risalente alla propria infanzia. Non è del tutto vero che “si stava meglio una volta”, specie ripensando ai tragici anni della Resistenza. Ma non bisogna che ce ne dimentichiamo. Perché è proprio quando mettiamo a riposo la memoria che nascono le cose peggiori».