Una maxi operazione contro la 'ndrangheta in cui risulta coinvolta anche Cuneo. I reati: associazione mafiosa, estorsioni, intestazione fittizia di beni, detenzione illegale di armi, aggravati dal metodo mafioso nonché all’associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione e al riciclaggio di macchine agricole.
È la maxi operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla DDA di Catanzaro, che ha riguardato tutta Italia e anche il Cuneese. I numeri: 200 milioni di euro di beni confiscati, 78 indagati e 56 custodie cautelari. Alcuni quotidiani della Calabria hanno anche pubblicato la lista dei nomi degli indagati. Tra questi anche una persona attualmente già sottoposta a regime detentivo nel carcere di Cuneo, a cui è stato ora notificato il nuovo avviso di custodia.
L'operazione è stata condotta dal Servizio Centrale Operativo e dalle Squadre mobili di Vibo Valentia e Catanzaro. «Le indagini - comunica la Polizia di Stato - hanno documentato l'operatività della 'ndrina La Rosa, il loro controllo del territorio e la prassi estorsiva del gruppo nei confronti di strutture ricettive e cantieri di edilizia pubblica e privata. Inoltre, la stessa ndrina, in sinergia con altre articolazioni mafiose, gestiva una filiera comunicativa ed economica che gli ha consentito di consolidare la propria posizione all’interno dell’organigramma criminale attraverso la consegna di “pizzini” e di denaro contante destinato al “Crimine”, vertice dell’organizzazione ‘ndranghetistica vibonese. Per di più si è riscontrata l’infiltrazione delle ndrine Mancuso e Accorinti nella gestione di un villaggio turistico a Pizzo Calabro (Vibo Valentia) e il loro ingresso negli asset imprenditoriali, per dissimulare il versamento di tangenti attraverso la fornitura di beni e servizi. In tal contesto, i poliziotti hanno scoperto l'esistenza di intermediari che si sono occupati di ottenere l'accreditamento di investimenti esteri a favore della criminalità organizzata, promuovendo l’attività turistica grazie a contatti con persone vicine al Dipartimento Turismo della Regione Calabria, al fine di agevolare l'assegnazione di fondi pubblici. È stato scoperto inoltre un complesso sistema di traffico di veicoli rubati in Italia e destinati all'estero, in particolare Malta e Romania, gestito dai vertici della criminalità organizzata. Questi hanno dimostrato la capacità di imporre la restituzione dei veicoli rubati agli imprenditori "protetti", rafforzando così le relazioni di complicità e consenso con le vittime dei furti».
Tra gli arrestati, anche l’ex assessore regionale della Calabria Francescantonio Stillitani, l’ex dirigente regionale del Dipartimento Turismo e Beni Culturali della Regione Calabria Pasquale Anastasi e il capo struttura dello stesso dipartimento Rodolfo Bova. Ma anche due funzionari della prefettura di Vibo Valentia, accusati di rivelazione del segreto d’ufficio.
A seguito dell’operazione il direttore Centrale anticrimine della Polizia di Stato Francesco Messina ha sottolineato: «La poderosa operazione di polizia giudiziaria, oggi portata a conclusione dalla Polizia di Stato nelle province di Catanzaro, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Roma, Palermo, Avellino, Benevento, Parma, Milano, Cuneo, L’Aquila e Perugia, ha consentito di smantellare un’agguerrita consorteria mafiosa riconducibile al “crimine” di ndrangheta vibonese, da almeno 4 anni costantemente impegnata nella massiva consumazione di diversi delitti con il conseguente inquinamento dell’economia locale, finendo così con il condizionare la libertà economica e commerciale dell’intero tessuto sociale del litorale e delle aree prossime alla rinomata località turistica di Tropea. Colpiscono, a fronte della consistente attività estorsiva consumata dalla struttura mafiosa disarticolata nei confronti di numerosissime imprese locali, sia la totale assenza di denunce all’Autorità Giudiziaria, di fatto costituente una cessione di libertà economica da parte degli estorti nei confronti degli estorsori, che l’azione facilitativa ad opera di pubblici funzionari coinvolti nelle indagini in quanto prossimi all’organizzazione investigata”.