Una fondazione per la gestione le Case di riposo parrocchiali

La novità è annunciata dal vicario, don Flavio Begliatti,

La pandemia ha messo in difficoltà, tra le altre cose, particolarmente le Case di riposo: ristrettezze che sono proseguite anche passata la parte più difficile della tempesta, con maggiori costi e minori ospiti. Molte realtà parrocchiali hanno faticato e faticano a proseguire la loro attività. Da qui la decisione di dare un nuovo impulso al settore, costituendo una fondazione diocesana, in grado di garantire il mantenimento delle motivazioni morali, religiose, assistenziali, che furono alla base della nascita di queste strutture.

Quattro le strutture che fanno parte della Fondazione

Le Case di riposo parrocchiali che aderiscono alla costituzione della Fondazione specifica sono quelle di Roccaforte M.vì, Beinette, Morozzo e Niella Tanaro

«Dopo ripetuti confronti con i parroci, gli amministratori e i direttori delle rispettive strutture e la valutazione di alcune possibili forme di gestione, con consenso unanime, ci si è orientati verso la costituzione di una Fondazione come forma ottimale per far fronte alle varie esigenze, compresa la tutela dei lavoratori – il commento del vicario don Flavio Begliatti –. La Fondazione - Ente del Terzo Settore - su impulso della Diocesi, soprattutto, si propone di mantenere vive le motivazioni morali, religiose, assistenziali che ispirarono la nascita di tali strutture, nonché di tutelare il prezioso apporto del volontariato. Con questi presupposti siamo certi che la Fondazione, sarà una presenza preziosa per il territorio e per le famiglie, e in ottemperanza alle vigenti norme si caratterizzerà maggiormente non soltanto per l’aspetto socio-assistenziale, ma anche per quello sanitario nell’ambito della cura alle persone».

«Quando il Papa, al Convegno della Chiesa italiana a Firenze nel 2015 affermò che “non siamo più in un’epoca di cambiamenti, ma in un cambiamento d’epoca”, molti avranno pensato, innanzitutto, alle grandi trasformazioni sociali politiche, tecnologiche, culturali. Sicuramente è in atto una trasformazione a carattere planetario che a noi, semplici cittadini, sfugge; tuttavia ci coinvolge e condiziona, o intacca i nostri stili di vita imponendoci dei cambiamenti. Cosi avviene, ad esempio, in molte strutture aziendali, o di servizio socio-assistenziale che devono adeguarsi a nuovi parametri e modalità di gestione. Ovviamente fra queste rientrano anche le nostre Case di riposo parrocchiali. Già nel 2019, constatando le difficoltà soprattutto economiche in cui versavano alcune delle sette strutture presenti sul territorio della nostra Diocesi, il vescovo aveva sollecitato la costituzione di un comitato che, dopo opportune verifiche e riflessioni, accompagnasse le Case di riposo verso una gestione più autonoma e unitaria, in rete. Il tema fu affrontato e dibattuto anche in ambito di Consiglio presbiterale diocesano. In tale assemblea la maggioranza dei presenti espresse la necessità di sollevare, da oneri di gestione e dalle responsabilità civili e penali, i legali rappresentanti delle Case di riposo, ossia i parroci, già oberati da troppi impegni non solo pastorali, ma anche di carattere amministrativo. Nel frattempo, il dramma della pandemia, rallentava l’iter avviato, anche per l’impossibilità di accedere alle Case di riposo per le necessarie verifiche alle strutture. In seguito, dopo sopralluoghi della Commissione di vigilanza dell’ASL, due di esse - quelle con il minor numero di ospiti - non avendo le risorse per adeguarsi ai parametri richiesti e non potendo realizzare gli interventi di ristrutturazione necessari, furono costrette a chiudere.Tali eventi motivarono ulteriormente la necessità di unire le forze e di accelerare i tempi».

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