Nella giornata che vede tutti coinvolti nell’attenzione al mondo del lavoro, il 1° Maggio (nonché per i credenti memoria di San Giuseppe lavoratore) il vescovo di Mondovì, mons. Egidio Miragoli, ha presieduto in mattinata la Messa nelle acciaierie “Riva” a Lesegno. Concelebranti: padre Marco Pagliccia, parroco di Lesegno, padre Andrea Cravero, padre Gino Romana e don Federico Boetti.
«Dopo il nostro incontro del 18 dicembre in occasione della visita pastorale alla parrocchia di Lesegno, incontro che ricordo sempre con grande piacere, ritorno volentieri in questo luogo di lavoro e in questo giorno particolare – ha detto il vescovo nell’omelia alla Messa alle Acciaierie a Lesegno lunedì 1° maggio –. Grazie di cuore alla proprietà, ai dirigenti e alle maestranze per l’accoglienza di ieri e di oggi, grazie al parroco padre Marco e a tutti coloro che hanno voluto questa celebrazione e hanno collaborato a prepararla. Il 1° Maggio, dicevo, è giornata che si distingue dalle altre, perché unisce due ricorrenze, una civile e una religiosa: da una parte oggi si celebra la festa del lavoro e dei lavoratori, e dall’altra ricorre la festa liturgica di san Giuseppe lavoratore. Due circostanze che, almeno per i credenti, si illuminano a vicenda». Il vescovo si è soffermato poi sulla portata umanizzante del lavoro, sulla sua dignità, sulla sua qualità di impegno personale e sull’apporto di competenze e professionalità. In particolare ha ribadito il richiamo dell’apostolo Paolo: “Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini”. “Questo è il segreto: quale che sia il nostro lavoro, anche se magari è al di sotto delle nostre aspettative, anche se magari ci credevamo destinati a qualcosa di più, affrontarlo e svolgerlo di buon animo, farne un luogo di riscatto e capace di dare senso al nostro tempo”. Infine: «Quanto alla festa di Giuseppe lavoratore, essa fu istituita ufficialmente nel 1955 per aiutare i lavoratori a non perdere il senso cristiano del lavoro – ha spiegato il vescovo –. Si ricorda oggi San Giuseppe, il padre terreno di Gesù, nella sua veste di falegname, o carpentiere, a testimonianza del fatto che anche il lavoro umile può rendere l’uomo partecipe del progetto divino della salvezza. Verrebbe da chiedersi quale sia il “senso cristiano del lavoro”, se esista, cioè, una spiritualità del lavoro. Lavorava Giuseppe; lavorò Gesù, con lui, fino ai trent’anni. Ed era, il loro, un lavoro manuale, tutto sommato umile, concreto, certamente faticoso, come ogni lavoro vissuto seriamente. Se Dio incarnato ha condiviso con noi la realtà del lavoro, esso non può non avere un senso spirituale. Poi, Gesù andrà a predicare, compiere miracoli, vivere la Passione. Ma, prima, ha ben più a lungo lavorato».
(Testo integrale dell’omelia sul giornale cartaceo di mercoledì 3 maggio)