Mons. Miragoli alla Messa dell’Ascensione: «Possibile il restauro delle cappelle del Santuario»

Il maltempo e l'allerta hanno sconsigliato il regolare svolgimento della processione votiva, anche se il vicario con alcuni volontari tra cui il consigliere Laura Barello in rappresentanza del Comune di Mondovì ha comunque effettuato il percorso da Piazza. È stata regolarmente officiata la Messa solenne dell'Ascensione. Il vescovo di Mondovì Egidio Miragoli ha officiato la celebrazione a cui hanno partecipato come di consueto anche le autorità del territorio a partire dal sindaco Gian Pietro Gasco, eletto pochi giorni fa. Presente anche il sindaco e la comunità di Montaldo, giunti al santuario con la tradizionale processione dalle "Acque" a Vico. Inoltre presenti le rappresentanze del comune di Mondovì, della fondazione CRC. Il vescovo nella sua omelia ha toccato la difficile situazione che sta vivendo il Cristianesimo con una difficoltà sempre maggiore nel trasmettere la fede alle nuove generazioni, ricordando il grande valore dell'impegno di ciascun credente, in questo senso. Al termine della celebrazione, il vescovo ha benedetto "i micun portati dalla comunità di Montaldo, rinnovando la secolare tradizione della comunità, da sempre molto legata alla devozione per la Regina del Monte Regale. Nel salutare i presenti, ha annunciato un progetto per il restauro della via delle Cappelle: «Possiamo ormai pensare concretamente di poter progettare e avviare i lavori di restauro e recupero di alcune cappelle tra quelle che abbiamo incontrato nel cammino verso il Santuario. I lavori sono possibili grazie all’accettazione del progetto, finanziato in parte dal PNRR. Ma è necessaria anche una quota di cofinanziamento. Ci auguriamo di trovare consenso, aiuto e sostegno da Istituzioni e privati, nella convinzione che non possiamo perdere questa occasione. La via delle Cappelle, come già ho evidenziato anche in altre occasioni, non è solo itinerario religioso, ma è un patrimonio storico e artistico che può contraddistinguere il nostro territorio, il nostro paesaggio. Prossimamente verranno rese note anche le modalità con le quali sarà possibile sostenere l’iniziativa. Fin d’ora grazie a chi vorrà condividere questo sogno che da subito mettiamo nelle mani della Madonna, come segno concreto di devozione».

L'Omelia del Vescovo

Sulle orme dei nostri padri e in continuità con la loro fede, ancora una volta avremmo percorso la via delle cappelle, o “via del Rosario”, meditando e pregando. Le indicazioni metereologiche ce l'hanno sconsigliato, ma il pellegrinaggio è stato onorato dai nostri rappresentanti. Un pellegrinaggio promesso dalla Città di Mondovì nel 1835 e iniziato nel 1836. Un voto più volte rinnovato: la prima a motivo del cholera morbus, l’ultima volta da me rinnovato il 24 maggio 2020 mentre eravamo smarriti e insidiati dal Covid-19 – ha detto il vescovo nell’omelia in Basilica a Vico domenica, all’Ascensione  –. Al di là delle circostanze storiche l’intenzione del voto è rimasta costante nel tempo: chiedere la protezione della Madonna, colei che la fede ci dice veglia dal Monte Regale sulle nostre comunità, sulle nostre famiglie. Il pellegrinaggio esprime concretamente la riconoscenza, un grazie individuale e corale, poiché, come recita l’antica preghiera di San Bernardo  “non si è mai inteso al mondo, o Vergine Maria,  che qualcuno sia ricorso alla tua protezione, abbia implorato il tuo aiuto, chiesto il tuo patrocinio e sia stato da te abbandonato”. Anche negli anni del Covid così è stato: Maria ci ha protetti, nei modi che solo la Provvidenza conosce realmente. Purtroppo in tanti, passato il pericolo, e strada facendo, se ne dimenticano. Anche per questo la nostra partecipazione si fa più convinta e sincera, perché intende farsi voce anche di chi non ha voce o non ha memoria».

 

Perché la devozione a Maria possa perdurare

«Evocare i concetti di “voce” e di “memoria” non può non far pensare anche al problema della trasmissione della fede e della devozione a Maria alle nuove generazioni. Dal 1836 al 2023, siamo arrivati. Ma che sarà fra qualche anno? Il cristianesimo, anche nella nostra terra vive un momento difficile, lo dice l’età media di noi qui presenti: guardare in avanti è affacciarsi su un abisso, dato il mutamento antropologico in corso – ha continuato il vescovo –. Vorrei invitare tutti all’impegno, alla testimonianza, alla significatività nella vita cristiana, anche se a volte mi pare non ci siano armi contro il combinato disposto di consumismo, tecnologia e indiscriminata libertà dei costumi. Poi, ascolto frasi come quella risuonata poco fa negli Atti degli Apostoli e mi tranquillizzo: se la fede è una cosa seria, e lo è, non può che aggrapparsi a parole come queste: “Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere”. No, non spetta a noi. A noi spetta fare al meglio la nostra parte, fidandoci del Signore».

Continuando la missione di Gesù

«Celebriamo oggi la solennità dell’Ascensione del Signore. La vicenda storica di Gesù Cristo, in maniera singolare e a differenza della nostra vicenda, non si conclude con la morte ma con l’evento della risurrezione e poi dell’Ascensione – ha proseguito mons. Egidio Miragoli –. Così abbiamo ascoltato dalle parole dell’evangelista Luca: Gesù si mostrò agli apostoli vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il Regno di Dio. “Si mostrò vivo per quaranta giorni”. Gesù non era un morto tornato in vita, come Lazzaro o il fanciullo di Naim che erano tornati alla precedente vita biologica, ma che poi, comunque un giorno si sarebbe conclusa. La nuova vita di Gesù è definitiva, e non appartiene più alla sfera della fisica e della biologia; non si trova più nella sfera di ciò che i nostri sensi possono autonomamente toccare e vedere. Il Risorto non lo si vede come un pezzo di legno o un sasso. Lo vede solo colui al quale egli si manifesta. Non si manifesta alla curiosità, ma all’amore. “Poi gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato”. Dopo aver loro parlato per un’ultima volta, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Così commenterà il Prefazio:Il Signore Gesù, re della gloria, vincitore del peccato e della morte, oggi è salito al cielo contemplato dagli angeli. Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell'universo, ci ha preceduti nella dimora eterna non per separarsi dalla nostra condizione umana, ma per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria”. L’evento dell’Ascensione segna quindi una fine, la fine della vicenda storica del Figlio di Dio che sale al Padre e ci mostra “il” fine, la meta, la destinazione della nostra vita, ovvero il cielo, il paradiso, ed inaugura un nuovo inizio, l’inizio della vicenda storica della Chiesa, della comunità cristiana, accompagnata dal dono dello Spirito Santo».

Tornare ad additare il cielo

«Due sono le sottolineature. La prima è la méta, la sua e la nostra, ovvero il cielo, il Paradiso – ha aggiunto il vescovo –. “Gesù Cristo ci precede nel regno glorioso del Padre perché noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di essere un giorno eternamente con lui” (CCC 666). Questo dice la nostra fede. Ma l’uomo d’oggi, forse anche il credente, non pensa più al Paradiso. Il nostro destino ultra terreno pare uscito dall'orizzonte della riflessione, starei per dire anche della riflessione cristiana, anche dall’omiletica. I primi ad avere una sorta di pudore nel fare riferimento all’Inferno, al Purgatorio e al Paradiso siamo noi preti, quasi che il razionalismo post illuministico e moderno ci inducesse a fermarci all'aldiqua, ai dati positivi e concreti, a una fede che, perciò, assomiglia molto a una filantropia che basta a se stessa. In realtà, anche se non volessimo addentrarci nelle tre condizioni future come approdo delle nostre vite in conseguenza delle scelte che abbiamo condotto, potremmo da una giornata come questa trarre il riferimento al cielo, alle cosiddette "cose del cielo", almeno per additarle a noi stessi e a tutti: non esiste solo la terra, non esiste solo la materia, la vita non è solo orizzontale. Ci sono anche le cose del cielo e dello Spirito, per ora invisibili ma reali, c’è anche la possibilità di elevarsi e avvicinarsi a Dio, c’è anche la verticalità di una vita spirituale che sa guardare in alto e in alto trascinare la nostra umanità, che altrimenti rischia di attardarsi e smarrirsi fra edonismo, ambizioni, frustranti ricerche di felicità, incantati dai nuovi idoli che ci ammaliano, ci anestetizzano la mente e il cuore, per poi abbandonarci nel nostro vuoto esistenziale».

Tempo della Chiesa, tempo dello Spirito

«Ancora. Il Figlio di Dio si sottrae per lasciare spazio ad altri due protagonisti: la Chiesa, ovvero gli uomini e le donne che intendono seguirlo, facendo propri il suo stile e la sua testimonianza, e lo Spirito Santo, aiuto e sostegno necessario per ricordare e fare propri gli insegnamenti del Maestro – ha concluso il vescovo –. Intuiamo allora la grande responsabilità che il Signore ci affida. Egli, affinché il suo stile e la sua testimonianza possano essere diffusi, non fa a meno di ciascuno di noi, della nostra personale adesione e del nostro impegno. “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Accogliamo questo invito. Intorno a noi c’è tanta gente distratta, o delusa, che cerca a tentoni e cerca solo sulla terra, con illusa superficialità; oppure gente cui la difficoltà della vita sta instillando rassegnazione e tristezza: andiamo a tutti, cerchiamo di farli discepoli, perché nella scoperta di Cristo e del comandamento dell’amore trovino nuove ragioni di vita, o una vita sempre nuova nell’apertura agli altri e a Dio».

Al termine della celebrazione. Il vescovo: “C’è la bella notizia del restauro possibile di alcune cappelle sulla strada da Piazza al Santuario”

«Al termine della celebrazione è doveroso esprimere un grazie a tutti i presenti e particolarmente a coloro che hanno collaborato per la buona riuscita di questo pellegrinaggio e di questa celebrazione, a cominciare dalle parrocchie. Grazie ai sacerdoti, al servizio d’ordine dei due Comuni di Mondovì e Vicoforte, ai Carabinieri, e poi al Coro, ai ministranti e collaboratori del Santuario - ha detto il vescovo a conclusione dell’Eucaristia in Basilica -. Grazie anche alle autorità e ai rappresentanti della varie Istituzioni e Associazioni che hanno voluto essere presenti. In questa circostanza mi è gradito comunicare una buona notizia: possiamo ormai pensare concretamente di poter progettare e avviare i lavori di restauro e recupero di alcune cappelle tra quelle che abbiamo incontrato nel cammino verso il Santuario. I lavori sono possibili grazie all’accettazione del progetto, finanziato in parte dal PNRR. Ma è necessaria anche una quota di cofinanziamento. Ci auguriamo di trovare consenso, aiuto e sostegno da Istituzioni e privati, nella convinzione che non possiamo perdere questa occasione. La via delle Cappelle, come già ho evidenziato anche in altre occasioni, non è solo itinerario religioso, ma è un patrimonio storico e artistico che può contraddistinguere il nostro territorio, il nostro paesaggio. Prossimamente verranno rese note anche le modalità con le quali sarà possibile sostenere l’iniziativa. Fin d’ora grazie a chi vorrà condividere questo sogno che da subito mettiamo nelle mani della Madonna, come segno concreto di devozione».

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