La BBC l’ha inclusa fra le 100 donne più influenti al mondo nel 2021. Shamsia Hassani, 35 anni, è stata la prima donna afghana a fare street art. Una “writer”, direbbe qualcuno, che coi suoi murales ha colorato i muri di Kabul con un obiettivo politico preciso: denunciare le condizioni di vita delle donne nel suo Paese. Mostrarle. Raffigurarne i volti, le lacrime, i sogni. Una denuncia armata con bombolette che lei descrive così: «Voglio dipingere i brutti ricordi della discriminazione contro le donne, per inculcare la sofferenza delle donne nella mente delle persone». Sarà a Mondovì sabato 21 ottobre, per ricevere il PREMIO RES PUBLICA
Intervista a Shamsia Hassani
Musica, fiori e una ragazza che ha sempre gli occhi chiusi, che non ha bocca neppure per parlare o cantare. Come hai scelto l'immagine che compare nelle tue opere? Quale significato ha, nella tua visione?
I miei dipinti hanno un personaggio. E proprio come accade per i personaggi dei film, che recitano un ruolo, anche il personaggio dei miei dipinti interpreta ruoli diversi. Questo personaggio interpreta il ruolo di un essere umano: ma, essendo io una donna, posso capire meglio le donne. E poiché le donne nella nostra società hanno più restrizioni rispetto agli uomini, ho scelto che il mio personaggio fosse una donna. Una donna con gli occhi chiusi e senza bocca, ma con in mano uno strumento musicale deformato che le dà il potere e la sicurezza di parlare, suonare e portare con forza la sua voce. I suoi occhi sono chiusi perché lei crede che non ci sia niente di bello da vedere: desidera ignorare tutto, per provare meno dolore. Inoltre, con gli occhi chiusi, possiamo sentirci meglio, possiamo vedere meglio il nostro interno e possiamo sognare e immaginare meglio. I fiori "denti di leone" nelle mie opere sono simbolo di desideri.
La situazione per le donne in Afghanistan è ulteriormente peggiorata in questi anni. Oggi le tue opere sono viste in tutto il mondo occidentale... ma, in qualche modo, senti la mancanza di non poterle più realizzare là sulle mura del tuo Paese, dove il messaggio arrivava agli occhi delle donne afghane? E inoltre, alla luce di questo cambiamento forzato del Paese: pensi di continuare sulla linea che hai utilizzato fino ad ora, oppure intendi trovare altre forme di espressione per dipingere e trasmettere il tuo messaggio a un numero sempre maggiore di persone?
Certamente, mi sconforta molto il fatto di non poter più dipingere nella mia terra natale, per la mia gente, anche se faccio del mio meglio per condividere la mia arte sui social : è l'unico modo per mostrare il mio lavoro a chi vive nel mio Paese e dare loro una speranza, anche se temporanea. Sfortunatamente, molte persone nel mio Paese non hanno accesso a Internet. Quando ero in Afghanistan, traevo ispirazione per i miei dipinti dalla società in cui vivevo. Ormai è da un po' che vivo fuori dal mio Paese, ma traggo ancora ispirazione dalla mia società in Afghanistan... come se la mia anima fosse ancora lì, e il mio corpo vivesse in pace fuori. Le notizie diventano immagini nella mia testa: io le porto fuori dalla mia mente e le disegno sulla mia tela, in modo che tutti possano vederle. Il mio mondo ha due facce: la mia patria da una parte, e il resto del mondo dall’altra. Ora che io sono "dall'altra parte", penso maggiormente al mondo intero e a tutto ciò che sta accadendo alla gente. Mi sento in mezzo a loro: come se la mia anima potesse andare ovunque e il mio cuore potesse sentire il dolore e i bisogni delle persone. Io dipingo per il mio Paese e dipingo per il mondo intero, con i nuovi soggetti che le news dal mondo fanno scaturire nella mia mente. Non riesco a vedere il dolore delle persone: perciò voglio essere accanto a loro e dare loro speranza con la mia arte, per guarire le loro ferite anche solo per un minuto. Dopo anni trascorsi a dipingere murales e opere su tela, ora capisco che io dipingo sentimenti. Visualizzo i sentimenti e le persone possono vederli e sentirli più facilmente: perché le immagini che vedi con gli occhi arrivano direttamente al tuo cuore e alla tua mente.
Il tuo ultimo post Instagram recita forte: "STOP THE WAR. Stop killing innocent people". Fermate la guerra, fermate le stragi di innocenti. Cosa stai provando, in questi giorni?
Mi dispiace per quanto sta accadendo nel mondo. La politica crea confini nel cuore delle persone. Ho provato ciò che significa vivere in guerra, perdere la mia patria e fuggire altrove. Quando sento parlare di guerra, ricordo tutto quello che è successo a me e alla mia gente. E ora immagino che un altro gruppo di persone stia attraversando l'inferno e gli stessi momenti strazianti. Non riesco a smettere di pensarci e non riesco a controllare le mie lacrime. Vedere le persone soffrire a causa della guerra fa rivivere le mie vecchie ferite.
Shamsia Hassani è originaria di Kandahar, ma la sua famiglia si trasferì a Teheran quando lei era piccolissima. Hassani mostra interesse per la pittura fin da allora: ma in Iran non è permesso alle bambine straniere di studiare arte. Lo fa quando torna in Afghanistan, iscrivendosi all’Università di Kabul. Prosegue con gli studi e infine diventa anche professoressa associata di arte e scultura. Nel 2010 conosce la street art: un’arte che viene dal basso, che può essere ammirata da tutti perché non è chiusa in un museo ma fatta sui muri, e che è alla portata di tanti perché utilizza bombolette spray, più economiche di teli e pennelli. Il suo fenomeno esplode, e Shamsia Hassani riempie Kabul di graffiti. L’artista di Kabul deve completare le sue opere in pochissimi minuti, sui muri della città, per evitare che la blocchino, la insultino e la accusino. Anche perché i suoi soggetti non sono religiosi: sono tutti omaggi alle donne, ragazze che portano fiori ai soldati, donne che piangono, che suonano, che danzano. Quando nel 2021 i talebani prendono in mano il potere, il regime impone una feroce involuzione sociale e le libertà conquistate dalle donne negli ultimi vent’anni iniziano a sparire: Shamsia lascia l’Afghanistan e diventa un caso mondiale, simbolo del coraggio delle donne in tutto il pianeta.
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