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21 Ottobre 2023 - 11:20
«La paura è umana: combattetela con il coraggio». E poi i nomi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e tutti coloro che hanno perso la vita al loro fianco negli attentati: Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, uccisi a Capaci, e Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli, uccisi in via D'Amelio. Sono i nomi che ora sono impressi sul muro frontale della scuola Primaria "Calleri" di Mondovì Altipiano dove questa mattina, sabato 21 ottobre, è stato svelato il grande murales dedicato ai due magistrati ammazzati dalla mafia nel 1992. A fianco dei volti dei due giudici, nella foto più iconica, l'immagine scattata dal fotoreporter Tony Gentile che li ritrae, sorridenti, a Palermo poche settimane prima del primo attentato.
È stato realizzato "a tempo di record" da Pietro Di Stefano, titolare dell’azienda “LucArtigiano” di Mondovì, con Massimiliano Porreca, Omar Pedrini, Pietro Di Paolo, Marco Blasioli, Davide Gonella, Marco Di Stefano, Carmelo Melitos Iapicone ed Elio Trupia. Negli ultimi anni questo team di decoratori ha già realizzato altri grandi murales dedicati ai due magistrati uccisi dalla mafia: uno nelle Marche, a Colli del Tronto, e uno in Sicilia, a Porto Empedocle (dove hanno anche dipinto una parete dedicata a Rosario Livatino, il giovane magistrato ammazzato ad Agrigento). «Una grandissima emozione per me - racconta Di Stefano - aver potuto realizzare questo lavoro nella mia città». Rivolgendosi alle bambine e ai bambini della scuola, ha detto: «Spero che ogni volta che passerete qua davanti alzerete lo sguardo a osservare i volti di questi due uomini come guardereste il disegno di due supereroi, perché è esattamente questo che sono stati: due supereroi». Presente il sindaco Luca Robaldo, la dirigente scolastica Vilma Peirone e il vice questore di Cuneo Daniele Manganaro, che rivolgendosi agli alunni ha detto: «Scegliere di stare dalla parte della legalità è una scelta che si fa fin da quando siamo bambini. Fin da quando andiamo scuola. Per questo la mafia teme più la scuola che la magistratura».
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