Quello dell’infermiera, per Miriana Barberis, è molto più di un normale lavoro: è una vera missione di vita. La 29enne di Magliano Alpi infatti, che nella vita di tutti i giorni è impiegata in corsia all’Ospedale di Cuneo, appena può lascia tutto e vola in Africa, per rendersi utile tra gli ultimi, i poveri, gli ammalati. Proprio in queste settimane si sta preparando per tornare in Kenya, dove è già stata altre tre volte, sfruttando le sue ferie primaverili. Farà l’infermiera volontaria nell’Ospedale missionario di Matiri, un piccolo villaggio a 200 chilometri da Nairobi. A pochi giorni dalla partenza, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lei.
Miriana, torni in Africa per la quarta volta. Quali sono le tue sensazioni in questo momento?
Le sensazioni e le emozioni sono tantissime, tutte positive. Non vedo l’ora di salire sull’aereo. Dove uno è stato bene, si torna sempre volentieri. Rispetto alle prime volte, in cui ero animata anche dalla curiosità per ciò che avrei trovato, adesso sono più consapevole di quello che mi aspetta una volta giunta sul posto. So che sto andando incontro ad un’esperienza positiva, che ogni volta mi consente di ricevere grandi doni, inaspettati. Le motivazioni che mi spingono ad intraprendere questo nuovo viaggio sono quindi quelle di sempre: la gioia che provo nel poter aiutare gli altri, nel poter rendermi davvero utile a chi ne ha bisogno.
Sarai impegnata in una realtà che già conosci. Con quale Associazione collabori?
Sì, torno a Matiri, in Kenya, nello stesso Ospedale in cui ho lavorato l’anno scorso, tramite l’Associazione Cottolengo di Torino. Il responsabile è il dottor Beppe Gaido, padre missionario e medico che si occupa un po’ di tutta la gestione dei reparti e dei volontari che arrivano.
Quali saranno i tuoi compiti?
Sarò a disposizione e lavorerò dove ci sarà più bisogno di me in quel momento. L’Ospedale è diviso in due grossi stanzoni: il “reparto” donne e quello per gli uomini. Bisognerà vedere le necessità, volta per volta: le scoprirò quando sarò là. Beppe mi spiegherà la situazione e mi assegnerà i vari compiti.
Sarai da sola o con altri volontari?
Saremo un gruppo di volontari. Alcuni li ho conosciuti già durante le passate esperienze, altri avrò occasione di conoscerli per la prima volta. A fianco al nostro Ospedale c’è una Casa d’accoglienza per bimbi rimasti orfani, gestita da una signora italiana: anche lì saranno al lavoro alcuni volontari.
In queste settimane hai raccolto donazioni di parenti e amici, che porterai direttamente in Kenya. Questi soldi poi come vengono utilizzati?
La realtà africana è molto distante dalla nostra, ovviamente. Gli Ospedali in Kenya sono spesso poco organizzati, mancano risorse per acquistare materiale, apparecchiature. I soldi che ho raccolto qui verranno consegnati da me direttamente a Beppe Gaido, che deciderà poi come meglio investirli per migliorare le condizioni di cura dei pazienti.
Matiri: un villaggio di capanne, tra siccità e povertà
Matiri si trova 200 km a nord di Nairobi, a 600 m di altezza, sulle colline del sud Tharaka, nel distretto di Meru, nel mezzo del niente riarso dal sole e dalla scarsità delle piogge. Appena sotto l’equatore, il villaggio è composto da capanne sparse in mezzo alla abbondante vegetazione di un ambiente a metà fra la savana e la foresta equatoriale. La popolazione è molto povera, vive dei prodotti di una terra tutto sommato fertile, ma avara e nemica nei mesi della siccità che recentemente sembrano incombere più lunghi e minacciosi.