Pronto soccorso spesso “sovraffollato”: «La causa sono le troppe non-emergenze»

Pronto soccorso: «Mancano letti e personale»

Tante volte abbiamo definito il Pronto soccorso come una sorta di “frontiera” dell’Ospedale. Perché è così che viene percepito dagli utenti: un approdo sicuro a cui rivolgersi quando si è in emergenza, o comunque quando si cerca assistenza immediata. Non sempre però ci si ricorda che è un reparto ospedaliero a tutti gli effetti, che deve fare i conti con le mille criticità che oggi gravano su tutto il sistema sanitario (in primis la carenza di personale: ma non solo).
Nei giorni scorsi ci è giunta in redazione la lettera di un lettore, che ci segnalava quanto aveva visto coi suoi occhi «più di una volta» nel DEA di Mondovì. Una lettera, sulla quale abbiamo fatto alcune verifiche, che non aveva toni scandalistici e che esplicitamente ammetteva di «non voler esprimere una lamentela né additare responsabilità ad alcuno», men che meno verso medici o personale («So che sono persone che fanno il loro lavoro fra mille difficoltà», specificava), bensì di voler segnalare una situazione di fatto: il sovraffollamento del DEA che comporta, oltre ai tempi lunghi, di avere tante persone in attesa in spazi purtroppo non enormi. «Chi arriva al Pronto soccorso, se viene classificato come codice verde, si trova come è noto a dover trascorrere attese anche molto lunghe nella struttura, in attesa di essere visitato o trasferito – è la segnalazione che ci è giunta –, magari per fare una radiografia o per essere spostato in altri reparti. Anche se il caso non è “grave” ci sono comunque situazioni di sofferenza e disagio o di fragilità. Questa attesa dove si trascorre? Non in camere chiuse, rispettose della situazione e del disagio, ma spesso in una barella nei corridoi. Esposti allo sguardo di chiunque debba passare lì. Come è possibile che non si possano ricavare spazi più idonei e rispettosi delle persone e del loro dolore?».
La situazione, anche se realistica, non è semplice né risolvibile “con uno schiocco di dita”. «Il lettore segnala un disagio legato alla progettazione e la realizzazione dei locali del Pronto Soccorso, argomento molto complesso perché si deve tener conto di molteplici fattori – ci risponde il dottor Andrea Tortore, primario del DEA di Mondovì –. Un Pronto soccorso è pensato per affrontare le emergenze sanitarie di qualunque tipo, mentre oggi il sovraffollamento è correlato alle non emergenze, cioè al numero di utenti che si rivolgono qui impropriamente per vari motivi e alla permanenza prolungata dei pazienti in attesa che si liberi un posto letto in Ospedale». E purtroppo i dati dicono che la maggioranza degli accessi continuano a essere “codici verdi”: segno che l’afflusso continua a subire un problema “a monte”, per molteplici ragioni, ovvero la mancanza di un “filtro” (quale potrebbe essere il passaggio dal medico di base o dal servizio di guardia medica).
Non si potrebbero adottare spazi diversi, che garantiscano più privacy e tutelino la dignità? Il primario risponde: «La presenza di camere chiuse da un lato garantirebbe la privacy di cui parla il lettore, ma dall’altra impedirebbe la sorveglianza dei pazienti, spesso anziani e soli, da parte degli operatori, condizione prioritaria in un luogo di cura e degenza breve. Anche dal punto di vista degli operatori sanitari ci sarebbero delle migliorie strutturali per ottimizzare il lavoro: ma noi cerchiamo, come tutti, di far funzionare la macchina con le risorse e i luoghi che abbiamo, ricordandoci sempre che la Sanità in Italia è gratuita: entrare in luoghi magari non confortevoli come un hotel, essere curati ed uscire senza pagare nulla non è cosa che si vede in tutti i Paesi; forse è questa la finalità per cui tutti, utenti e operatori, devono lottare per mantenerla».

Da circa un anno, il reparto è supportato dai nuovi letti della Medicina d’urgenza oggi entrati “a pieno regime”. Invece, non ci sono belle notizie per quanto riguarda la nuova Terapia intensiva progettata al piano terra: gli otto nuovi letti finanziati dal “Piano Arcuri” coi fondi stanziati nel 2021 dall’allora commissario straordinario per l’emergenza Covid e destinati all’Asl CN1 attraverso la Regione Piemonte. Erano attesi fin dall’autunno del 2022, ma i lavori, cominciati un anno fa, si sono fermati più volte e ora sono in stand-by totale. Già in passato l’Asl aveva inviato solleciti su solleciti. Ora si sa che probabilmente non ripartiranno prima della fine dell’anno. Se si eccederà i termini previsti dal contratto, l’Asl potrà affidarli a una nuova impresa.

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