Don Ciotti a Frabosa Soprana: «Siamo davanti a una “emorragia di umanità”»

È don Luigi Ciotti, il prete fondatore del "Gruppo Abele" e di" Libera contro le mafie", il Premio Simpatia di Frabosa Soprana 2024. Una vita a combattere le dipendenze e la criminalità organizzata. Sul palco, a fianco della giornalista Paola Scola e del "gran maestro" della Confraternita della Raschera, dott. Ezio Domenico Basso: «Nel nostro Paese, culla della civiltà, oggi stiamo vivendo un'emorragia di umanità. Oggi si uccide l'altro, o lo si lascia morire. Come con i migranti. Ma perché? Perché ci si sente onnipotenti, immortali. Un paradigma che papà Francesco ha denunciato con forza. La morte è il grande rimorso dell'occidente. Non dobbiamo temere di sentirci fragili».
E ancora: «La montagna ti resta dentro e io nato in Trentino lo so bene. Ho guardato queste montagne e questi paesi, la bellezza è l'armonia delle forme e non va slegata dall'etica, dall'armonia del vivere civile. Qui etica ed estetica sembrano convivere»

Don Ciotti ha poi parlato del suo impegno, da tutta la vita, dalla parte della legalità e delle fragilità: «Per me è importante vivere in realtà dove è fondamentale il faccia a faccia con la fragilità. Con il Gruppo Abele, ormai 60 anni fa, abbiamo dato vita al concetto di comunità, nella consapevolezza di fragilità e limiti: questa consapevolezza ci porta alla responsabilità su da che parte stare. Oggi ci sono 77 muri di divisione nel mondo, lunghi in tutto 55mila chilometri: molto di più della circonferenza della Terra. Le povertà di oggi sono sia materiali e povertà esistenziali. Mai semplificare o generalizzare, né dobbiamo diventare i professionisti delle lamentele. Oggi in Italia ci sono 9 milioni di persone in povertà assoluta: ci confrontiamo con queste povertà e non dobbiamo restare indifferenti. La povertà esistenziale è inquietante: siamo ultimi in Europa per dispersione scolastica e povertà educativa. La cultura è fondamentale, la conoscenza è portante. E ricordiamoci che il Vangelo va vissuto sporcandosi anche le mani, non solo con i bacetti alle Madonne e le genuflessioni».

E sui giovani: «Il problema non sono i giovani: siamo noi adulti. Non dobbiamo rischiare di guardare i problemi esistenziali dei giovani con gli occhi del passato. I loro percorsi sono inediti: i giovani hanno bisogno di essere ascoltati, riconosciuti. Oggi sono loro che fanno la differenza. I giovani hanno bisogno di qualcuno che lo accompagni, non che li porti. Dobbiamo creare una forza rigeneratrice "giovani-adulti". Non dobbiamo mai dimenticare le cose belle e positive della vita, ma è necessario prendere coscienza dello sfilacciamento tra giovani e adulti».

Don Ciotti ha poi toccato il tema delle dipendenze, non solo quelle legate alla droga: «Una delle forme di dipendenza su cui siamo portati a riflettere è il gioco d'azzardo: l'Italia è il quarto paese al mondo per volume di gioco. Siamo primi in Europa. Povertà, fragilità, disorientamento portano alle dipendenze. Il mio sogno è un'Italia libera dalle dipendenze, sogno una civiltà indipendente dalle dipendenze: azzardò, droga, cibo, web. Il pericolo delle dipendenze dal web merita una riflessione più ampia. Il Gruppo Abele sta affrontando queste situazioni con le famiglie dei ragazzi "ritirati" nelle loro stanze, i cosiddetti "hikikomori"».

«Ci stiamo impoverendo della democrazia - ha ancora detto -. Pensate che solamente il 7,8%  della popolazione mondiale vive in territorio puramente democratico. Il 34,9% vive sotto dittature e il 37% della popolazione mondiale vive in una democrazia imperfetta. In questi ultimi, gli studiosi inseriscono anche l'Italia. Le mafie sono tornate più forti di 30 anni fa, si evolvono. Oggi la vera patologia è la corruzione, come dimostrano le tante inchieste. La cosa drammatica è che le politiche con cui si affrontano sono incentrate ad allentare i freni a queste situazioni. L'ultima mafia è sempre... la penultima. Nel codice etico dei mafiosi c'è la voce "rigenerarsi". E allora tocca a noi. Se ne occuperà anche il papa: a metà settembre farà un incontro sui beni confiscati».

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