Il vescovo in Basilica: “Attingere alla pietà popolare, ridare speranza alla partecipazione nei territori, affidarsi a Maria con disponibilità”

Una processione partecipatissima ha inaugurato la festa della Natività di Maria dell'8 settembre. Come è consolidata tradizione, la cittadinanza Monregalese ha raggiunto Vicoforte in cammino e in preghiera, sotto la guida del vescovo. Alla processione, aperta dalla Confraternita della Misericordia di Piazza, hanno partecipato anche le autorità a cominciare dal sindaco di Mondovì, Luca Robaldo.

A Fiamenga la delegazione vicese, con il sindaco Gian Pietro Gasco, si è unita al cammino votivo che ha poi raggiunto la basilica per la celebrazione solenne, guidata dal vescovo. L' ultimo tratto del percorso ha attraversato parte dei banchi della fiera, allestita nella giornata di ieri.

La Messa solenne dell' otto settembre come da tradizione ha visto intervenire le autorità civili e militari del territorio, oltre al tessuto associazionistico e alle comunità della Diocesi. Presenti per celebrare la Regina del Monte Regale. Il vescovo nella sua omelia ha riflettuto anche sulla forza e sull'importanza della Fede e della spiritualità popolare, anche a suggello di una Novena vissuta in preparazione del Giubileo del 2025.

L’omelia in Santuario per l’8 settembre con una riflessione articolata sul versante strettamente religioso-ecclesiale, dentro il tessuto delle comunità locali per una “democrazia dal basso”, nutrendosi della preghiera alla Vergine Madre


Maria “aurora di salvezza
«“Dell’aurora tu sorgi più bella, coi tuoi raggi fai lieta la terra”: con questa immagine bellissima inizia uno dei canti più popolari dedicati a Maria. Oggi, celebrando la festa della Natività di Maria, noi onoriamo l’aurora della nostra salvezza. La sua origine e la sua possibilità di compiersi – ha esordito così il vescovo nell’omelia in Santuario Basilica domenica 8 settembre nella ricorrenza patronale mariana per la Chiesa monregalese –. Perché esattamente questo è Maria nel disegno della definitiva alleanza di Dio con l’umanità. In Maria, e ancor più in Maria Bambina, noi abbiamo l'icona dell'innocenza, della bellezza umana e spirituale che è tipica dei bambini, ma ancor più abbiamo l’immagine della predestinata ad essere "la piena di grazia". Nella sua nascita si racchiude il segno di una speranza nuova che Dio offre all'umanità. Nessuno poteva ancora sapere né immaginare, mentre Maria nasceva, chi e per cosa stesse entrando nel mondo. Eppure, Dio era già all’opera da tempo, come ci fa capire anche l’antica profezia di Michea riferita alla piccola Betlemme al suo destino, ascoltata nella prima lettura (Mi 5, 1-4). Basta tenere presente questo dettaglio per capire come nessun tempo debba consegnarci alla disperazione, neppure i più difficili. Vale per il mondo, la Chiesa, le nostre famiglie, ognuno di noi. Perché noi mai siamo in grado di prevedere l'azione di Dio: egli può avere già progettato un suo intervento salvifico, e il nostro cielo può ancora apparire privo di speranze».
Semplicissima Madre!”
«Ma torniamo a Maria: la Chiesa, la comunità dei credenti tra gli uomini, quando comprende e accoglie il dono di Dio che ella incarna, fa come Maria stessa: loda il Signore con tutto il cuore – ha proseguito il vescovo –. E nel non facile cammino della vita guarda a Maria vedendo in lei chi ha tracciato la sua strada verso la salvezza e può sostenere il suo quotidiano. Non per caso, la figura di Maria ha suscitato tanta devozione, tanta letteratura, tanti canti, tante liriche. Basta scegliere bene e si leggono parole splendide, come quelle che sto per proporvi, da ’Interrogatorio a Maria’ dello scrittore lombardo Giovanni Testori. Il coro di apertura recita così: “Venuta sei/ per la nostra cecità,/ apparsa sei/ dolce e dolente/ per amore di noi/ e carità. /Abbraccia, Madre, lo spazio/ tutto che ci è dato, / il tempo a noi concesso/ abbraccia intero, /l’alba su noi, /la sera, / il dubbio, la certezza, / il dolore, la pena, / la fatica./ Semplicissima Madre, / stringici nel Tuo grembo. /Siamo attori di Dio:/ stringici nel Tuo e nel Suo/ immenso Io”».


LA PIETÀ POPOLARE. SPAZIO D’INCONTRO CON GESÚ CRISTO
«Dedicata a Maria, mi piace vedere questa giornata come parte di un cammino di devozione antichissimo e sempre vivo, che ogni anno si rinnova con i suoi appuntamenti: il mese di maggio e le celebrazioni dell’estate nelle cappelle, molte delle quali dedicate alla Madre di Dio; infine, la Novena appena conclusa, quest'anno dedicata a disporci al prossimo Giubileo e a meditare sulle “virtù”, riflesse nella vita di Maria. Ora, il giorno dell’annuale pellegrinaggio da Mondovì al Santuario cadenzato dalla recita del Rosario, dai canti popolari, fino alla sosta finale davanti al pilone o alla statua di Maria Bambina, con l’accensione di una candela, il ritiro di un’immagine da portare con sé. Sono i gesti e i segni di una pietà popolare semplice, a tutti accessibile, facile da capire e da vivere».

La pietà popolare nutre e trasmette la fede
«Accanto alle feste liturgiche con le relative liturgie, dunque, da sempre c’è, viva e sentita, nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità, una pietà popolare che si esprime in svariate forme, secondo la fantasia che la tradizione e la fede hanno saputo fissare, una realtà in permanente sviluppo, ma dove – non dimentichiamolo – lo Spirito Santo è il protagonista (EG 122). “Nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si è incarnata in una cultura e continua a trasmettersi” (EG 122). Considero bello e giusto, in questa occasione, richiamare l’importanza della pietà popolare, che ha trovato nella devozione alla Madonna espressioni bellissime, perché essa ad un tempo – come dice papa Francesco nella Evangelii gaudium (EG) – nutre la fede e la trasmette».
Prezioso tesoro della Chiesa cattolica
«In alcuni momenti guardata con sospetto, la pietà popolare è stata oggetto di rivalutazione. È stato Paolo VI nella sua Esortazione apostolica ‘Evangelii nuntiandì’ a dare un impulso decisivo in tal senso. Egli spiega che la pietà popolare “manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere” e che “rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede”. Più vicino ai nostri giorni, Benedetto XVI ha segnalato che si tratta di un «prezioso tesoro della Chiesa cattolica”; a loro volta i vescovi dell’America latina, in un importante documento, l’hanno definita “spiritualità popolare” o “mistica popolare” (Documento di Aparecida)».


Un modo di esprimere la fede
«Bellissimo, infine, quanto papa Francesco dice sul senso profondo e sulla legittimità della pietà popolare: “Per capire questa realtà c’è bisogno di avvicinarsi ad essa con lo sguardo del Buon Pastore, che non cerca di giudicare, ma di amare… Penso alla fede salda di quelle madri ai piedi del letto del figlio malato che si afferrano ad un rosario anche se non sanno imbastire le frasi del Credo; o a tanta carica di speranza diffusa con una candela che si accende in un’umile dimora per chiedere aiuto a Maria, o in quegli sguardi di amore profondo a Cristo crocifisso. Chi ama il santo Popolo fedele di Dio non può vedere queste azioni unicamente come una ricerca naturale della divinità. Sono la manifestazione di una vita teologale animata dall’azione dello Spirito Santo che è stato riversato nei nostri cuori” (EG 125)».
Una pietà da guidare e da radicare nel Vangelo
«La pietà popolare tende alla spontaneità, talvolta forse anche all’esteriorità. Eppure, escluderla è del tutto sbagliato. Attraverso di essa, la fede è entrata nel cuore degli uomini, è diventata parte dei loro sentimenti, delle loro abitudini, del loro comune sentire e vivere. Perciò la pietà popolare è un grande patrimonio della Chiesa. La fede si è fatta carne e sangue. Gli elementi "sensibili", "corporali", "visibili", che caratterizzano la pietà popolare, sono il segno dell’interiore desiderio nostro di dire la propria adesione a Cristo, l’amore alla Vergine Maria, l’invocazione dei Santi. Ovviamente, questo sentimento naturale, spontaneo e primigenio va “educato” e guidato, va radicato nel Vangelo, per porlo al riparo da derive non legittime. Ma guai a noi se non lo tenessimo in grande conto. Ai sacerdoti e ai più iniziati nella vita di fede, pertanto, dico: non guardiamo con sufficienza alle manifestazioni della pietà popolare! Forse è più lei che non le sottigliezze dei teologi a costituire l’alveo in cui scorre il fiume della fede, ricco o povero d’acque che sia. Pertanto valorizziamola; è una modalità legittima di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa. Ai fedeli, a tutti noi, raccomando l’essenzialità, la disponibilità a lasciarsi guidare, anche correggere se necessario, affinché le diverse espressioni di pietà – devozioni e pii esercizi, gestione delle cappelle – siano vissute nel giusto modo. A titolo esemplificativo: ho accennato alle cappelle, che solitamente sono il luogo tipico dove si concentra la pietà popolare. Non possono diventare un “pantheon”, per non dire un ricettacolo di immagini sacre a discrezione di chiunque. Anche le cappelle e ciò che in esse si svolge deve rispondere a un certo rigore e buongusto, rispettoso delle verità delle fede e della loro gerarchia, bellezza e qualità».


II. RIDARE SPERANZA ALLA PARTECIPAZIONE
«In questa bella giornata, un secondo pensiero mi è suggerito dalla presenza dei sindaci e delle Autorità, che ringrazio di cuore. Dettaglio tutt’altro che secondario, la vostra presenza, in quanto ricompone la frammentazione territoriale del Monregalese ed evidenzia l’unità che è garantita dal nostro essere diocesi. Vedere qui i sindaci, numerosi, mi offre l'occasione per una riflessione politica in senso etimologico: non di parte, ma dedicata alle “cose della città”. Me lo suggeriscono alcune riflessioni emerse nella 50° Settimana sociale dei cattolici celebrata a Trieste a luglio, con la partecipazione di circa 1.500 delegati di tutte le Diocesi italiane e incentrata sul tema: “Al cuore della democrazia”. La Settimana sociale dei cattolici, mettendo a fuoco il tema della crisi della democrazia ci ha invitati a recuperare i fondamenti del nostro stare insieme. Ma veniamo a noi. Sabato 8 e domenica 9 giugno si sono svolte le elezioni comunali in 59 nostri Comuni (48 nel Cuneese, 11 nel Savonese). È stata una campagna elettorale vivace che ha portato, tra l’altro, all'elezione di 23 nuovi sindaci. Vorrei evidenziare però i dati più significativi. In 33 Comuni si è svolta la competizione tra più candidati, con l’esito di 11 confermati e 22 nuovi sindaci. In 26 Comuni era prevista una lista unica, con l’esito di 4 nuovi sindaci e 22 confermati».


Un servizio che merita i buoni auspici di tutti
«Essendo questa la prima occasione di incontro con i sindaci e le Autorità del territorio dopo l’appuntamento elettorale, le prime parole vogliono essere di augurio, a tutti, e particolarmente ai nuovi sindaci. Vi siete messi in gioco per la vostra comunità e ora siete attesi da un lavoro non facile che giustifica i buoni auspici di tutti noi. Sono certo che potrete trovare nei sacerdoti dei vostri paesi una presenza attiva e una costante attenzione e collaborazione, secondo l’antica, bella abitudine della sinergia fra autorità civili e religiose».
Nella concordia le cose piccole crescono
«Una seconda considerazione muove da quanto è emerso, ovvero è pubblico, ma ancor più da quanto non è ufficiale ma conosciuto: so, e si sa, che in tante realtà il confronto elettorale è stato "vivace", anche con esiti imprevisti, ma soprattutto tale da lasciare non poche ferite e spaccature. Consentitemi alcune considerazioni da vescovo. Mi auguro che il clima di divisione sarà superato velocemente, per il bene di tutti... Già il nostro territorio è frammentato e la collaborazione tra realtà pur vicine non è scontata; è risaputo che sovente, specie nelle attività produttive e commerciali, si lavora più per ostacolare la concorrenza che per una crescita a beneficio di tutti. Se anche comunità piccole fossero divise al loro interno, con clan familiari contrapposti, ciò penalizzerebbe e lacererebbe ancora di più un tessuto civile che ha invece bisogno di serena unità, perché sempre vale la lapidaria espressione dello storico latino Sallustio: “Nella concordia crescono le cose piccole; nella discordia vanno in rovina le cose grandi”. Per chi si sente cristiano, poi, la ricerca dell’unità nella carità, diventa un imperativo morale che rende autentica anche la pratica cultuale».
Avere piena comprensione dell’esperienza democratica
«Una terza considerazione riguarda la quasi metà dei Comuni con unica lista e candidato riconfermato. Segno di apprezzamento per il medesimo e il lavoro della sua squadra, ovviamente. Ma il candidato unico e la lista unica – specie nelle realtà più consistenti che potrebbero avere più liste – può significare anche mancanza di partecipazione e disinteresse per la cosa pubblica, cioè non piena comprensione dell'esperienza democratica, o rinuncia ad essa. Papa Francesco a Trieste ha ricordato che “L’indifferenza è il cancro della democrazia”. I nostri Comuni, piccoli o grandi, permettono invece un'esperienza di "democrazia dal basso" che sarebbe un peccato sprecare e non valorizzare. Siamo realtà piccole? Non importa. Le scelte da operare sono modeste? Fa niente: sono comunque le nostre, determinano il nostro quotidiano. E noi lì possiamo esserci, possiamo incidere».
Ridare speranza, antidoto all’indifferenza democratica
«Non a caso, Plutarco, storico e filosofo greco con cittadinanza romana, narra che Giulio Cesare, attraversando con i suoi un piccolo villaggio sulle Alpi, disse a uno di loro che avrebbe preferito essere primo lì che secondo a Roma. Segno di ambizione, ma anche di comprensione di come l’esercizio dell’autorità abbia valore sempre e ovunque. Anche in realtà apparentemente secondarie, perché ovunque è bello e nobile provvedere al bene pubblico, e ad esso appassionare la gente favorendone la partecipazione. Il che, però, avviene solo se si opera in maniera disinteressata e limpida. Ecco un punto importante: progettare coinvolgendo, fare, fare bene, fare cose utili, perché solo così potremo appassionare nuovamente alla partecipazione nelle nostre realtà. Come è stato detto a Trieste: “Non dobbiamo pensare che i cittadini non desiderino più partecipare… I cittadini si rifugiano nel privato perché non vedono speranza… Evidentemente c’è il desiderio di testimoni, di unità, di cura per il bene comune che forse ancora ci manca”».
III. GUARDIAMO LA STELLA, GUARDIAMO A MARIA
«Vorrei concludere tornando a Maria ma collegandola al senso della partecipazione politica, che è partecipazione alla Storia quale si dipana nello sviluppo delle comunità, piccole e grandi. Se la vita è paragonabile a un viaggio sul mare della Storia, invocare Maria come ‘Stella maris’ significa affidarsi a lei, certi del suo materno favore. Lo dice in modo impareggiabile san Bernardo, con le parole del quale trovo bello chiudere: “Chiunque tu sia, tu che avverti che nel flusso di questo mondo stai ondeggiando tra burrasche e tempeste invece di camminare sicuro sulla terra, non distogliere gli occhi dallo splendore di questa stella, se non vuoi essere sopraffatto dalle tempeste! Se si alzano i venti della tentazione, se t’imbatti negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria. Se sei sbattuto dalle onde della superbia, dell’ambizione, della calunnia, della gelosia, guarda la stella, invoca Maria… Non s’allontani dalla tua bocca, non s’allontani dal tuo cuore. E per ottenere il suffragio della sua preghiera, non abbandonare l’esempio della sua vita raccolta in Dio. Seguendo Lei non ti smarrisci, pregando Lei non ti disperi, pensando a Lei non sbagli. Se Lei ti tiene, non cadi; se Lei ti protegge, non temi; se Lei ti guida, non ti stanchi; se Lei ti dà il suo favore, tu arrivi al tuo fine…”. (In laudibus Virginis Matris II,17)».


Se lei ti tiene per mano, non cadi
«L’avevano certamente compreso i nostri padri che hanno voluto avere costantemente sotto lo sguardo l’immagine della Regina del Monte Regale, quasi a sperimentarne la compagnia, ritraendola sui piloni ai bordi dei campi di lavoro, sui crocicchi delle strade dove si viaggiava, sui portali delle abitazioni, nei luoghi della vita pubblica – ha concluso il vescovo –. Testimonianze di una devozione antica che ci è stata sommessamente consegnata, quasi a sussurrarci le certezze che loro avevano sperimentato: “Se Lei ti tiene per mano, non cadi; se Lei ti protegge, non temi; se Lei ti guida, non ti stanchi, se Lei ti dà il suo favore, tu arrivi alla fine”. Ascoltiamo quel messaggio; e che anche ognuno di noi possa avere la fortuna e la gioia di poterlo narrare alle generazioni future».

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