I NonLuoghi di Scolaro al Lionetto di Villanova

La fotografia di Nicolò Scolaro documenta i non-luoghi che ci circondano, in una interessante mostra del Circolo Lionetto di Villanova Mondovì.

Il Circolo Lionetto è, fin dalle sue origini nel remoto 1994, un polo interessante della (contro)cultura monregalese, prima a Mondovì e, attualmente e ormai da tempo, nella vicina Villanova (vedi, per informazioni, https://www.facebook.com/circololionetto/). Con questa recente mostra - ormai in chiusura, il 31 marzo - del giovane fotografo Nicolò Scolaro, il circolo ha portato al pubblico monregalese un nuovo autore che si occupa di un tema di stringente attualità: i nonluoghi.

Scolaro, nato 23 anni fa in Val d'Aosta (ma oggi ormai cuneese d'adozione), si avvicina alla fotografia con la passione per la bellezza dei paesaggi della sua regione, specializzandosi poi nell'indirizzo Arte e Design dell'istituto Martinetti di Ivrea (2013), e quindi laureandosi in Grafica all'Accademia di Belle Arti cuneese (2016), presso la quale è all'ultimo anno della magistrale dello stesso indirizzo. Nel 2017 inizia la sua collaborazione col progetto ArchitArt ed espone a Roma lo studio fotografico “Geist Kunst”, “L’Arte dell’Anima”, dedicato a un'indagine psicologica dei soggetti ritratti, mentre a Cuneo ha esposto il progetto "Maschere", in cui i soggetti presentavano delle maschere in viso.

Se queste prime ricerche appaiono quindi incentrate sullo studio del soggetto con un taglio psicologico, il soggetto è apparente assente in questi studi sui nonluoghi. Il concetto, introdotto dall'antropologo francese Marc Augé (n.1935) con la sua opera "Introduction à une anthropologie de la surmodernité" (1992), ove conia il termine di non-lieu, in riferimento a strutture spersonalizzate come outlet, centri commerciali, stazioni, aeroporti e così via: strutture legate al consumismo accelerato del turbocapitalismo moderno.

Il saggio di Augé, tradotto in italiano nel 1996, ha subito un notevole successo anche oltre la sfera dell'antropologia accademica in senso stretto (il termine nonluogo è attestato dai dizionari dal 2003) e influenza anche molte ricerche in ambito architettonico e fotografico, a documentare la proliferazione di questi nuovi spazi in costante espansione. Un punto di arrivo nella percezione del fenomeno nel mainstream può essere considerato "Outlet Italia" (2007) di Aldo Cazzullo, firma di primo piano dei grandi giornali italiani: un'opera meno accurata di studi più precisi sul fenomeno, che tuttavia diffonde la percezione al grande pubblico. Siamo nell'anno in cui il fenomeno si diffonde, come noto, anche qui da noi, nel monregalese, e al contempo nell'anno in cui la crisi economica globale pone un rallentamento al fenomeno: i nonluoghi non solo svuotano di senso altri luoghi prima antropologicamente ricchi di significato, ma spesso svuotano anche sé stessi, giunti ad una crescita ipertrofica che prelude al declino.

Scolaro decide quindi di indagare i Nonluoghi all'interno di un progetto accademico legato al bianco e nero, cosa che spiega anche in parte l'adozione di questo stilema, la monocromia fotografica, usualmente meno usato in una fotografia più "documentaria" che oggi predilige il colore. In un 2017 che è anche, forse casualmente, un decennale dell'acme dei Nonluoghi italiani (e del loro susseguente declino), Scolaro documenta il nonluogo interpretandolo appunto come luogo svuotato, desertificato, denunciando il degrado urbano che sempre più va dequalificando i nostri centri urbani. Una mappatura nel suo caso più artistica e suggestiva che non strettamente documentale: frequente l'uso di griglie, cancellate, inferriate come elemento-chiave del nonluoghi svuotati e quindi sigillati, molto bello lo scatto dedicato ad un'area dismessa dell'Olivetti di Ivrea, quello qui sopra, quasi emblema del declino del grande "sogno informatico" italiano, stroncato in vari modi dai big americani, e oggi sopravvivente solo più in ridotta forma museale. A fianco dello scopo documentario, permane la ricerca di una sintesi artistica, non priva di influenze storico-artistiche della sintesi astrattista: lo scatto seguente, dedicato a una chiesa, sembra quasi riflettere influenze del suprematismo russo, ovviamente ri-mediate nel nuovo medium e nel nuovo tempo. La croce che sormonta la struttura, nello scorcio prospettico, è ridotta a un semplice braccio metallico nero, con un risultato visivo (e anche simbolico) di indubbio interesse.

In ogni caso, la mostra è comunque molto efficace come spunto di riflessione su un tema che - come arcinoto - riguarda da vicino la nostra realtà monregalese (come tutta la "provincia profonda" italiana, del resto) e che meriterebbe quindi uno studio ancora più sistematico e dettagliato.

Sono, intendiamoci, ricerche fotografiche che esistono, anche qui da noi, e di cui l'Unione ha dato a volte testimonianza sulle sue pagine - cartacee e virtuali; ma che meriterebbero forse una ancora maggior visibilità, per condurre allo sviluppo di una consapevolezza maggiore su un tema cruciale per il nostro futuro, tra sogni spesso velleitari di eterno rilancio economico e una decrescita non sempre facile, non sempre felice.

Per intanto, la mostra di Scolaro lo dimostra buon allievo di questa ampia tendenza: è ancora visibile presso il Lionetto fino al 31 marzo, e magari sarà riproposta altrove. Se vi capita, dategli più di un'occhiata. E forse potrete guardare la realtà che vi circonda con uno sguardo - fotografico? - diverso.

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