Cosa fare al cinema quando è il ’79

Siamo andati a spulciare nelle vecchie annate dell'Unione Monregalese. Cosa avrebbe detto un "Culture Club" dell'epoca su quello che passava al cinema? Scopriamolo con un giorno a caso del 1979, quaranta anni fa...

"Culture Club 51" esiste dal 2009 come rubrica musicale dell'Unione, e si sta avvicinando un anno dalla nuova versione estesa a tutto l'ambito culturale. Ma qual era il culture club dell'Unione prima del culture club? Cosa diceva l'Unione, nelle varie epoche, della cultura pop emergente?


Se con una ipotetica macchina del tempo tornassimo indietro di quarant'anni, nella Mondovì dell’aprile 1979, naturalmente non avremmo più le fantastiche opportunità offerte dalla rete, Netflix in testa, per farci bombardare da infinite serie tv di qualità sempre dignitosa e, qualche volta, anche decisamente buona. Perfino il boom delle tv private, berlusconiane e non, sarebbe appena agli inizi, concedendoci sul piccolo schermo una RAI ancora molto ingessata per l'assenza di concorrenza. Fumetti in edicola (e biblioteca?) ne troveremmo, magari sorprendenti e sconosciuti, ma l'idea che il giornale locale possa e debba recensirli è ancora al di là da venire (in questo, l'Unione è lievemente all'avanguardia, oggi, rispetto alla media della stampa nazionale). Per contro, però, avremmo a nostra disposizione tre cinema monregalesi e numerosi nelle vicinanze: per scegliere cosa guardare ci basterebbe leggere cosa ci dice l’equivalente del Culture Club cinefilo dell’Unione del tempo, ovvero, "Cinema Guida".


("...dignità dell'uomo.")

Partiamo dal Cinema Corso. “Andremo tutti in Paradiso” (1977), film corale di Yves Robert, ci viene sconsigliato per via dei temi adulterini e perfino omosessuali che vengono trattati, unito probabilmente a quel titolo da blando anticlericalesimo d’accatto. “Love Story” (1970) di Arthur Hiller è una scelta invece consigliata se amiamo i film sentimentali. Ma, personalmente, continueremmo a cercare.

Ecco, “Le nove vite di Fritz il Gatto” (1974) di un maestro dell’animazione come Ralph Bakshi, sui testi di un grande dell’underground come Robert Crumb (che tuttavia disconobbe il film), potrebbe essere a suo modo interessante. L’unica cosa che, col senno di poi, sconsiglierei vivamente allo spettatore è la versione italiana, con un pessimo doppiaggio che altera il significato originario del film. Poi, certo, non è un film per ragazzi, nonostante il tratto cartoonesco di Crumb, e forse anche questo giustifica la durezza estrema del recensore. In fondo si tratta del sequel del primo cartone animato proibito ai minori di 18 anni, e la crudezza delle situazioni presentate è indiscutibile (per quanto, in verità, non del tutto gratuita, e funzionale a una satira spietata della cultura ufficiale americana ma anche, come spesso in Crumb, delle ipocrisie della stessa controcultura).

Al cinema Italia invece il recensore ci consiglia caldamente Dersu Uzala (1975), film russo-nipponico di Kurosawa, di cui ci viene offerta anche recensione in terza pagina, quella tradizionalmente “della cultura” nei giornali tradizionali. Ci segnala anche “Superman” (1978), di cui non ci dice nulla. Insomma, ragazzi: è Superman. Quella roba lì. In realtà sarebbe stato interessante un parere, perché è un film (come colse correttamente Eco) che riscriveva il mito di Superman accentuandone certe sfumature cristologiche. Il recensore forse per questo tace: spiegare cosa c’è di inappropriato richiede più tempo che censurare un amore omosessuale o, peggio, le orge di Fritz the Cat. Meglio non impelagarsi, e oh: chi vuole, se lo veda, alla fine. Al cinema Ferrini invece c’era “La battaglia delle aquile” (1976), filmone sulla seconda guerra mondiale che al recensore va più che bene.

Curioso invece il giudizio positivo senza riserve su Heidi diventa principessa (1977), al Cinema Lux di Millesimo (un po' fuori mano per i monregalesi). Il recensore sembra essersi detto: è Heidi, è una fiaba, cosa vuoi che sia? Diamogli un valore positivo e basta. Fritz the cat avrebbe dovuto renderlo più astuto, perché d’accordo, è nei canoni del fiabesco, ma il fiabesco crudele delle origini, che l’occidente edulcorava mentre la crudeltà orientale tipica dell’anime e del manga si compiaceva di esaltare. La protagonista (il nome Heidi è messo per depistare, non c'entra col più celebre cartoon) deve rimanere in silenzio per sette anni per salvare i fratellini che la strega ha sottoposto a un incantesimo. Ovviamente la strega mira a farla parlare, e quindi abbiamo una scena finale dove la strega denuncia Heidi all'inquisizione, la tortura e ottiene che sia condannata, legata a un crocifisso e bruciata sul rogo (c'è ovviamente l'happy ending finale).

Ovviamente, il Gesù di Nazareth (1977) di Zeffirelli in scena a Garessio è consigliatissimo, accettabile l’avventura disney di Matecumbe, ma il giudizio più sorprendente è quello sulla Febbre del sabato sera (1978) presente ad Ormea. Discutibile, è ovvio, ma io avrei detto (nell’ottica dello schematico recensore) l’opposto: film semplice ma moralmente discutibile. Invece, film difficile ma ricco di insegnamenti. Poi non stupiamoci che con gli anni ’80 ci sia il boom delle discoteche.

Insomma, un’offerta ricca, quella della Mondovì del 1979. Kirosawa, Zeffirelli, Saturday Night Fever, Fritz the cat e anime, la battaglia delle aquile e Superman. E tutto sommato, per il culture club dell’epoca quasi tutto era legittimo. Penso che alla fine mi sarei rivisto Superman, il lontano capostipite di un fortunatissimo trend di adattamento di supereroi al cinema che, oggi, è ai suoi apici. E voi, cosa avreste scelto? In ogni caso, vi rimando al prossimo appuntamento con la macchina del tempo di Culture Club 51, per nuove scorribande nella cultura pop vintage che ci piace tanto.

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