Justice League: L’unione che non fa la forza

Continua la guerra dei comics al cinema, adesso è il turno della DC e del suo Supergruppo di meta-umani: ma se il livello dei singoli è alto, la loro somma è inferiore al valore del singolo stesso

TRAMA

Superman è caduto, ma Bruce Wayne ha scoperto l’esistenza dei metaumani: individui dalle straordinarie capacità, una di essi è Diana Prince alias Wonder Woman, già sua alleata. I due vogliono allestire una squadra di super eroi a difesa del mondo coinvolgendo gli altri metaumani; non senza esitazioni accettano Cyborg, Aquaman e Flash, nel frattempo si palesa una nuova minaccia per la terra di nome Steppenwolf.

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La Justice League of America o JLA è nata editorialmente nel 1960, e raggruppava i maggiori supereroi dell’universo DC comics, uniti nell’obbiettivo di proteggere il mondo e le casse della casa fumettistica. Il successo di altri collettivi di super eroi targati Marvel ha spinto la DC a lanciare una sua versione di gruppo per il mercato cinematografico. Lavori come I Guardiani della Galassia e X- Men hanno goduto di buon successo e discreta qualità, i gruppi di personaggi creati a questo scopo sono avvantaggiati dall’essere identificativi come membri di una squadra, con il loro ruolo in un meccanismo ben oliato. Discorso differente per quel che riguarda The Avengers e Justice League, i due supergruppi vantano nelle loro fila immense individualità, create evidentemente per uno spazio tutto loro, doverlo condividere con gli altri provoca un effetto opposto a quello desiderato.  Questi  team di All-Star infatti dovrebbero garantire un’estrema spettacolarità, e quella effettivamente non manca, ma tutto rimane in superficie, senza un’indagine in profondità, e nonostante la coesione tra i personaggi sia buona, il risultato finale rimane inevitabilmente piatto. La causa principale è dovuta alle tempistiche, e se dobbiamo tenere conto di una trama e di un nemico, anch’esso da sviluppare, e ovviamente lo spazio per ognuno dei protagonisti, non rimane più il tempo per un’analisi più approfondita, e se in film di questo genere le sottotrame possono fare la differenza, affrontarle in maniera sbrigativa porta inevitabilmente ad un risultato deficitario.

E’ in atto una metamorfosi all’interno dell’universo DC, sul piano stilistico e di programmazione, sembra infatti che l’influenza dalle rivale Marvel sia arrivata anche qui, oltre ai toni e le battute, questo capitolo riproduce infatti la formula che prevede un episodio collettivo di appoggio e collegamento con le saghe dei vari personaggi rappresentati. A differenza della casa rivale la connessione tra le storie dei vari personaggi è resa i maniera molto più debole, e il capitolo di gruppo non sembra ne un punto di partenza ne di arrivo, ma bensì un momento di raccordo usato per lanciare nuovi personaggi, appunto gli accenni veloci alle vicende singole dei protagonisti, pare siano in funzione solo per attirare interesse per i prossimi film.

Sembra infatti che tutto quanto sia slacciato, e che l’incontro tra i personaggi sia momentaneo e senza prospettiva di continuazione, oltre a questo c’è un forte distacco con le realtà che li circonda, inseriti in un mondo che vogliono salvare, ma slegati e distanti da esso. Tutto questo può avere una parziale scusante col cambio forzato di regia nel post produzione, Zack Snyder ha dovuto lasciare a Joss Whedon in seguito ad un grave lutto. Ma l’impressione, aggravata anche dall’ennesimo villain deludente (probabilmente il Jocker di Nolan ha abituato il pubblico ad un livello troppo elevato) e da diverse scopiazzature, è che ci fosse eccessiva fretta nel terminare il lavoro, attendere o rallentare la corsa avrebbe giovato alla causa, ma a quanto pare le esigenze di marketing hanno prevalso sulla volontà di creare un prodotto di qualità.

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