Umberto Eco a Mondovì

Spulciando nei vecchi numeri dell'Unione, scopriamo una presenza d'eccezione nella Mondovì anni '50.

Un'occhiata ai vecchi giornali monregalesi ogni tanto può offrire qualche perla curiosa.
E' il caso dell'Unione degli anni '50, dove abbiamo scovato la traccia di un precoce passaggio in città di uno dei più rilevanti scrittori italiani del Novecento, da poco scomparso: il semiologo Umberto Eco, che era giunto presso di noi nel 1953.

La cosa non stupisce in fondo più di tanto, perché l'alessandrino Eco - studente universitario di Lettere a Torino, dove risiedeva presso il collegio universitario Einaudi - era all'inizio del suo cursus honorum uno dei delegati principali dell'associazionismo cattolico piemontese. La sua presenza in città il 18 ottobre 1953 per la formazione degli Studenti Juniores è in fondo ordinaria amministrazione, e del resto non sarà stata ancora una delle sue complesse lezioni di semiologia, e tanto meno una rivelazione di misteri esoterici come nel "Nome della Rosa" o nel "Pendolo di Foucault". Pure siamo sicuri che la lezione, già allora, sarà stata brillante.

Ancora più interessante, forse, l'incontro annunciato sul numero dell'Unione del 3 marzo dello stesso anno 1953: la comunicazione avviene infatti sullo stesso numero in cui si dà notizia della morte di Stalin, con - comprensibile - soddisfazione. Immagino che il tema allora fosse estremamente sentito nel mondo cattolico, che non pochi rischi avrebbe corso da una vittoria degli stalinisti, e quei fortunati Juniores d'allora probabilmente avranno potuto sentire - magari in un "a parte" dopo la conferenza ufficiale - il parere a caldo di Umberto Eco sulla morte del temibile Baffone.

L'Unione dei '50 non avrà più modo di parlare di Umberto come dirigente cattolico: del resto, nel 1954 si laureava (la celebre tesi sull'estetica in San Tommaso) ed entrava in RAI, iniziando poi in parallelo una brillante carriera accademica che lo porterà ad essere tra i fondatori della moderna semiotica. In questa nuova veste l'Unione torna a citarlo nel 1966, sul numero del 24 settembre, in un articolo di Floris Luigi Ammannati,  "Gli audiovisivi nell’attuale contesto  sociologico"

Si  è  compreso  dalle  nuove generazioni,  anche  se  in  un modo  non  sempre  chiaro  ed evidente,  come  afferma  Um­berto  Eco  (“L’Espresso”,  14  agosto  1966) “che  un'azione  di contestazione  ideologica  può passare  meglio  attraverso  un lavoro  sul  linguaggio  e  sulle strutture narrative che non at­traverso  contenuti  prefabbri­cati  e  ormai  codificati  in  manualetti  di  retorica;  si  è  com preso  che,  se  ci  interessa  una modificazone  profonda  della società  italiana,  è più  oppor­tuno  impadronirsi  delle  tecni­che  di  ricerca  sulla  società  di massa,  che  è  meglio  capire  il meccanismo   di   persuasione del  messaggio  televisivo  che non  scrivere  pagine  preoccu­pate sull'alienazione allo scher­mo;  che  se  si  è  convinti  che la  comunicazione  pubblicita­ria  è  lo  strumento  ideologico di  ima  società  dei  consumi, sarà  certo  utile  dirlo  in  tanti elzeviri,  ma  più  utile  ancora mettersi  a  lavorare  per  ana­lizzare   questo   meccanismo ideologico,  capirne  l’incidenza sulla società,  progettare  nuove tecniche  di  neutralizzazione."Siamo ormai all'indomani di "Apocalittici e integrati" (1964), ed Eco quindi è ormai lo studioso che mette in guardia dall'idolatrare o demonizzare i nuovi mass media. Ci saranno probabilmente altre sue citazioni sull'Unione, e magari andremo a riprenderle: ma si tratta ormai di un'altra storia.

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