Derby “Italia-Francia” alla Sala Ghislieri

Sabato 17 febbraio, alle 17.30 presso la Sala Ghislieri a Piazza, appuntamento con "l'Astrée", il gruppo cameristico dell'Academia Montis Regalis, per un viaggio nelle atmosfere musicali tra il Seicento e il Settecento, con le musiche dei grandi esponenti dello stile Francese e dello stile Italiano. Il concerto è presentato con una lezione dal musicologo Dino Bosco, venerdì 16 alle 17 in biblioteca.

Italia-Francia è un classico senza tempo, non solo in campo sportivo. Una rivalità, non sempre sana, ha diviso gli italiani dai cugini d’oltralpe anche nel campo dell’arte e della cultura. Nella musica in particolare: per anni a Parigi lo stile francese e lo stile italiano hanno rivaleggiato nel cuore degli appassionati. Il concerto di sabato 17 febbraio riprende un po' le atmosfere di questa rivalità, attraverso gli spartiti di due principi dei rispettivi stili: Francois Couperin e Arcangelo Corelli, vissuti a cavallo tra il Seicento e il Settecento. Un itinerario che alterna brani dell'uno e dell'altro compositore, in un confronto che tuttavia si conclude con la riconciliazione: L'ultimo brano in programma è l'"Apothéose de Lully", uno dei brani più noti di Couperin e uno dei più rappresentativi della sua più grande sfida artistica: coniugare il gusto francese con lo stile italiano, che stava facendo breccia sulla scena musicale parigina della prima metà del Settecento, in un’unica sintesi artistica. In questo brano, infatti, si immagina l'ascesa di Jean Baptiste Lully al Parnaso, duettando con Corelli. Lully infatti era considerato l'iniziatore dell'Opera Francese, o comunque il suo modo di comporre era considerato in qualche modo l'archetipo, il paradigma di quello stile musicale. Ironia della sorte, era italiano: Lully è una francesizzazione del cognome toscano Lulli. Il gusto francese è una sintesi di eleganza, chiarezza, concisione, simmetria apollinea e Lully con la sua musica diede la stura a una ricca tradizione, che annovera parecchi musicisti tra cui la famiglia dei Couperin, di cui proprio Francois fu uno dei figli più illustri.

                                                                                              Jean Baptiste Lully

Il concerto alla sala Ghislieri si aprirà proprio con un pezzo per clavicembalo solo di Couperin, "Les Ombres Errantes". Si prosegue con la "Ciaccona" di Arcangelo Corelli, la sonata numero 2. per due violini e basso continuo. Fu proprio con i libri di Sonate, in particolare con le dodici sonate dell' op. 5 (la Ciaccona è parte dell'op. 2) che Corelli marcò un notevole passo avanti nella definizione della forma della sonata strumentale per violino.

                                                                                           Arcangelo Corelli

Terzo brano in scaletta è l'"Apothéose de Corelli", brano dedicato, ancora da Couperin, al musicista di Fusignano e alla sua immaginaria ascesa al monte delle Muse per sedere alla destra di Apollo, quale sua consacrazione finale come artista. Da notare che Couperin lo pubblicò come appendice di una raccolta di concerti a cui diede un titolo piuttosto significativo: "Les Gouts Reunis". Segue un'altra sonata di Corelli, la sesta, sempre dell'Op.2. Il concerto si conclude poi, come già scritto, con l'"Apothéose de Lully", brano che ha, tra i suoi motivi di principale interesse, proprio questo singolare duetto, in cui Couperin affianca il tipo stile francese di Lully allo stile caldo, estroso, passionale di Corelli. Nell'ultima scena del brano si immagina che Apollo in persona affermi, davanti ai due musicisti, che la fusione tra i due stili è la via per raggiungere la perfezione assoluta della musica. Couperin dedicò un po' tutta la sua carriera artistica a cercare di trovare un punto di incontro tra la freschezza, la vivacità, il gusto caldo, virtuosistico e passionale dello stile italiano con il suono francese: pomposo, magniloquente, ricco di orpelli, eppure, pur senza troppa estroversione, dotato di una sua eleganza, di un'espressività austera, composta ma non per questo meno viva. Anzi spesso, come ha rilevato il musicologo Dino Bosco nella lezione tenuta venerdì presso la Biblioteca civica, si avverte un sottile velo di malinconia, che traspare dalle partiture dei musicisti d'oltralpe. Un sentimento che ha un colore unico, molto diverso da quello che esprimono gli spartiti italiani, che sanno certo rendere questo moto dell'anima, ma con tonalità diverse. Quando Couperin si affaccia al mondo della musica la scena intellettuale francese era divisa da un dibattito vivacissimo, che raggiunse toni molto violenti. Si fronteggiavano i sostenitori dello stile francese, gli eredi di Lully capeggiati da Jean Laurent Le Cerf de la Viéville, che accusavano gli appassionati del nuovo stile italiano, che avevano tra i loro capofila la figura di Francois Raguenet, di essere dei traditori. Couperin, nei primi anni della sua carriera, affascinato dalla nuova musica che impazzava nella capitale, escogitò uno stratagemma per scrivere sonate in quello stile senza essere accusato di tradimento dei valori artistici nazionali. Aveva un parente al servizio del re di Sardegna: finse di ricevere le nuove composizioni di un musicista italiano (il cui nome non era altro che un anagramma del suo). Quegli spartiti ebbero un notevole successo nella capitale e assicurarono al giovane Couperin una rapida ascesa nel panorama nazionale francese. 

                                                                                              Francois Couperin

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