Monfortinjazz: grande apertura con Steve Hackett

Monfortinjazz 2018 si apre con il concerto del chitarrista britannico, tra i fondatori dei leggendari Genesis. Una serata di grande musica, suoni impeccabili e grandi classici. Sabato il secondo appuntamento, con gli statunitensi Calexico

I soldi spesi a Monfortinjazz sono sempre ben spesi, chiunque si vada a sentire. L'atmosfera del luogo, così raccolta e suggestiva, e l'acustica perfetta sono garanzie che caratterizzano gli eventi che si tengono nell'Auditorium Horszowski. Quando poi a calcare quel palco arriva uno come Steve Hackett, allora c'è da essere sicuri che sarà un concerto da non perdere. Chi scrive ha partecipato al concerto a Grugliasco del secondo Tour "Genesis Revisited", che accompagnava l'uscita del doppio album di remaking dei brani storici dell'epopea prog dei Genesis.

Il secondo capitolo di un progetto iniziato con il primo disco, in cui il chitarrista presentava dei riarrangiamenti dei brani storici, spesso con l'intervento della London Symphony Orchestra, e si toglieva qualche sfizio, apportando modifiche o cambiamenti alla composizione che, spesso, erano stati bocciati dai compagni d'avventura in fase di scrittura del materiale originale. Un vero e proprio ritorno nella fucina creativa dei Genesis, e nella visione musicale di quel giovane chitarrista taciturno, che spesso vedeva bocciate le proprie idee, dalla triade Rutherford-Banks-Collins, in genere più in sintonia dal punto di vista musicale, ma che al contempo diede un contributo fondamentale alla composizione di quei brani. Cosa sarebbe Firth of fifth senza l'assolo di chitarra centrale? I know what i like senza quel curioso riff circolare? Tutta farina del sacco di questo signore del prog, che nella sua carriera successiva ha avuto modo di dimostrare tutta la raffinatezza della sua scrittura e l'originalità delle sue creazioni, spesso di grande complessità. Il “Tour De Force” 2018, che segue la pubblicazione del Live a Birmingham, ha una scaletta piuttosto varia, con brani dell'Hackett Solista (in particolare tratti dall'album “Please don't touch” di cui quest'anno ricorre il quarantesimo anniversario dall'uscita), qualcosa tratto dall'ultimo album di inediti ("The Night Siren"), "When the heart rules the mind" dall'esperienza con i Gtr e alcuni tra i classicissimi genesisiani.

Ancora una volta, come a Grugliasco, a colpire è la pulizia del suono e la professionalità di una band che non sbaglia un colpo ed esegue tutto rigorosamente dal vivo, senza basi o sequenze registrate, solo campionamenti in tempo reale, per la rumoristica. L'acustica nell'Auditorium è quasi sempre perfetta (in pochi tratti in cui la band raggiunge il massimo della dinamica la voce di Ned Sylvan si perde, sovrastata dagli strumenti) e la compattezza e la pulizia del suono è impressionante. Complimenti ai fonici, ai tecnici e agli strumentisti. Hackett apre il concerto pochi minuti dopo l'orario previsto, sale sul palco con i suoi ragazzi imbracciando la chitarra e attaccando una serie di pezzi in cui lui e la band danno prova di tutta la loro abilità tecnica. Canta lui stesso i pezzi di questa parte, coadiuvato dal bassista e dal batterista. Con l'approssimarsi della sezione dedicata ai Genesis sale sul palco l'impareggiabile Ned Sylvan con il suo timbro di voce perfettamente Gabriel/Collinsiano, per interpretare una selezione di classici che si chiude con l'intramontabile Supper's ready. Un esecuzione impeccabile da tutti i punti di vista. Non manca all'appello un solo suono, un effetto. La cura nei dettagli, è quello che colpisce di più delle esibizioni dal vivo di Hackett e della sua band. Laddove spesso, anche nel prog, dal vivo si portano versioni molto diverse da quelle uscite su disco, vuoi per le troppe sovraincisioni, vuoi per rendere l'esibizione più libera, Hackett sceglie invece di considerare importante ogni singola nota, ogni singolo evento previsto dai compositori, una logica quasi da musicista classico (quale in fondo è, e per ricordarselo basta mettere sul piatto Horizons o un altro dei suoi brani da chitarrista acustico).

Il finale di Supper's si prolunga in un assolo maestoso, di molti minuti, in cui dà fondo alla grande espressività che sa trarre fuori dalla sua chitarra, con tanto di rumoristica ottenuta strisciando le mani sulle corde, battendo la cassa, o con altri espedienti. La chiusura, con il diminuendo, è da veri intenditori, come un buon vino. Le ultime note, che sgrana a volume ormai quasi impercettibile, sono le note dell'arpeggio di Horizons, che in Foxtrot “introduceva” la suite. Invocato a gran voce, torna sul palco per un bis: una selvaggia versione di Los Endos, in cui invece dà fondo a tutto il suo virtuosismo, con tapping (di cui fu uno dei pionieri) note funamboliche e riff assassini. 

Scaletta

Please Don’t Touch
Every Day
Behind the Smoke
El Niño
In the Skeleton Gallery
When the Heart Rules the Mind
Icarus Ascending
Shadow of the Hierophant
Dancing With the Moonlit Knight
One for the Vine
Inside and Out
The Fountain of Salmacis
Firth of Fifth
The Musical Box
Supper’s Ready

BIS

Myopia / Slogans / Los Endos

Steve Hackett - Chitarre, Voce

Roger King - Pianoforte, tastiere

Gary O'Toole - Batteria

Rob Townsend - Sax, Flauto, Tastiere addizionali, Campioni, Voce

Jonas Reingold - Basso, Chitarra dodici corde

Ned Sylvan - Voce

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