ToDays 2018, le emozioni della seconda serata

Le emozioni sono il fil rouge del secondo giorno: Mogwai di immensa qualità, delusione Echo, Cosmo futuro del pop italiano e Mouse on Mars la razionalità teutonica

Se cerchiamo su google il termine “emozione/i” troviamo come prima definizione questa: stato psichico affettivo e momentaneo che consiste nella reazione opposta dall'organismo a percezioni o rappresentazioni che ne turbano l'equilibrio. Il Treccani entra nel dettaglio e va a considerarne anche l'etimologia “mettere in moto”. Ma come scriveva Giulio Rapetti, “stringere le mani per fermare qualcosa che è dentro me, ma nella mente tua non c'è. Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi emozioni. Uno stato dell'animo insomma personale, che contraddistingue e caratterizza in modo diverso ciascuno individuo e che “mette in moto” a modo suo ogni persona.
Le emozioni della seconda serata di ToDays sono tante e variegate. Sono forti, profonde, se si pensa al live dei Mogwai, una band – se non La band – assai amata (oltre che da chi scrive) da chi ammira il rock d'avanguardia e il post rock in modo particolare: un live essenziale con buona parte dei brani dell'ultimo album, ma che va a ritroso nella storia ventennale che – forse proprio per questo – apre e chiude il live con due dei brani più emozionanti degli esordi: New Path To Elycon pt. 1 e Mogwai Fear Satan (scriverne produce ancora i brividi). Se si parla invece degli Echo & the Bunnymen è uno stupore, connotato da un misto di mestizia – interiore e riflessa – e insoddisfazione: non stiamo parlando dei Cure o di Siouxsie & the Banshees, ma indubbiamente la band ha segnato un certo periodo storico che risale a 35 anni orsono. Il live invece scorre liscio, preciso, giusto, ma con quella sensazione di giustezza che mostra il fianco al “troppo poco”, un po' troppo monocorde, statico e stanco. Simpatica curiosità è quella che invece rilascia Cosmo, l'artista italiano dell'estate: Marco Bianchi ha trasformato i suoi dischi e la sua musica in un concentrato della musica italiana degli ultimi 30 anni, ma proprio tutta: dalla dance (figlia della Torino della fine anni '80) al pop. Per gente come Colapesce e Daniele Celona è un po' il sentimento che può provare il padre per un figlio: artisti in cui la capacità interiore di vivere l'emozione si percepisce molto e che esternano con coraggio e senza fronzoli il loro modo di approcciarsi a questo rapporto. A parte vanno dedicate due parole per i Mouse on Mars ed il set alla ex INCET: il duo tedesco è in assoluto una delle band più importanti di tutti i tempi, nel campo delle musiche digitali: la loro musica è un coacervo di elettronica, sperimentale, ambient e techno da ballo; la parte finale del set è risultata migliore per il contesto del festival e della platea, meno la prima, in cui lo spettatore era catturato maggiormente nell'ascolto. Musica fatta di testa, che lascia spazio ad una emozione più razionale, più calcolata, teutonica si potrebbe dire, ma non meno coinvolgente, soprattutto nella fase finale in cui il ritmo si è fatto più sciolto e i beat delle macchine hanno seguito quello dei movimenti del pubblico.

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