«Comprata per 500 mila lire quando avevo 14 anni»: omicidio di Paroldo, Assunta racconta la sua versione

La donna condannata a 21 anni per il delitto del marito

«Mi ha comprata per 500 mila lire per sposarmi quando avevo 14 anni». È la versione che ha raccontato ieri (mercoledì 10 ottobre) Assunta Casella, la donna condannata a 21 anni per l'omicidio del marito Severino Viora.

Un omicidio commesso due anni fa a Paroldo. Il cadavere dell'uomo venne ritrovato l’8 giugno 2016, poco lontano dal cascinale in cui vivevano lui e la moglie: era riverso su un albero, la testa infilata fra due rami. Vicino una corda, quasi a simulare un suicidio o un incidente. Il corpo era parzialmente ricoperto di terra. La donna lo avrebbe ucciso, poi trascinato fuori casa su una carriola. Infine, avrebbe cercato di occultarne il cadavere.

La Corte d’Assise d’Appello di Torino, dove si è concluso mercoledì 10 ottobre il processo di secondo grado, ha, infatti, confermato la condanna del primo grado di giudizio emessa dal Tribunale di Cuneo. Respinta, dunque, la richiesta di ergastolo avanzata dalla Procura generale per conto del pm Nicoletta Quaglino. Assunta Casella, da due anni in carcere, era presente in aula dove ha continuato a ribadire la sua innocenza.

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Alla donna sono state concesse le attenuanti generiche, con esclusione dell’aggravante del “mezzo insidioso”: per i giudici, infatti, lo Zolpidem usato per sedare la vittima non è stato la causa della morte, visto che l’anziano è deceduto poi per soffocamento, presumibilmente con l’utilizzo di un cuscino.  In aula, parlando davanti ai giudici, la donna ha raccontato la sua versione dei fatti: arrivata a Paroldo da ragazzina, sarebbe stata "comprata" da Viora quando lei aveva solo 14 anni. Venduta dalla madre per 500 mila lire - un contesto che oggi sembra lontano, ma che per tanti era una realtà nelle campagne del basso Piemonte. Qui, ha raccontato la Casella, l'avrebbe attesa una vita di prevaricazioni e vessazioni da parte del marito. Tanto, parrebbe, da portarla a decidere di ucciderlo.

Intanto i legali delle parti civili, avv. Cinzia Gallo e Maria Ladon, si dicono esterrefatte dal tenore degli articoli pubblicati su alcuni quotidiani, vedono rinnovato il loro dolore per la perdita del congiunto dei loro clienti: "uomo, padre e nonno buono, che è stato ora ucciso di nuovo nell'onore, nella reputazione e nel ricordo da affermazioni suggestive provenienti dall'imputata sulla cui sincerità, dopo due gradi di giudizio, è legittimo nutrire non pochi dubbi". "Si riserva ogni migliore valutazione ed iniziativa a tutela del buon nome e della memoria dell'unica vera vittima di questa triste vicenda" concludono gli avvocati Gallo e Ladon

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