Teatro: i “Servi di scena” compiono 10 anni

Di teatro, si può parlare. Lo si può guardare, lo si può praticare. Oppure lo si può insegnare, propagandare, promuovere.

Di teatro, si può parlare. Lo si può guardare, lo si può praticare. Oppure lo si può insegnare, propagandare, promuovere. Come fa da dieci anni la compagnia monregalese dei “Servi di scena”. I cui primi passi risalgono al 2002, ma che solo nel 2006 si costituirono ufficialmente. Nati, diciamo, non propriamente dal nulla: dietro al gruppo teatrale monregalese sta infatti il professore Michele Rados, “deus ex machina” di tutto ciò che a Mondovì riguarda il teatro studentesco. Perché è questo che i “Servi di scena” fanno da un decennio: “cultura del teatro”. «Un manipolo di persone che... giocano col teatro – spiega Rados –. Alcuni di noi hanno una lunga storia alle spalle prima dei “Servi”, altri hanno scoperto il teatro nei corsi a Mondovì e a Ceva. Spettacoli nati non tanto per fare arte, ma soprattutto per fare esperienza».

I “Servi” infatti sono andati sempre un passo oltre alla semplice messa in scena delle opere (che comunque non è mai mancata: nel 2009 hanno gestito il laboratorio teatrale con ragazzi ed adulti disabili della Comunità “Papa Giovanni XXIII”, l’anno dopo hanno messo in scena una nuova versione dell’Amleto di Shakespeare) e nel 2010 hanno rimesso in sesto un progetto vecchio di 30 anni: la rassegna di teatro studentesco per le scuole. Così nasce “Tutti in scena”, che sta per raggiungere la settima edizione: «Idealmente figlio del Festival 1985 e ‘86, pioneristico e avventuroso, lo abbiamo fatto tornare in una realtà scolastica un po’ mutata – racconta Rados –, con laboratori teatrali scolastici ormai accettati, se non accolti con entusiasmo. Il nostro lavoro di promozione del teatro si è infiltrato in ogni ordine scolastico e grado, con momenti di grande soddisfazione. Col Festival, abbiamo visto arrivare sul palcoscenico del “Baretti” un centinaio di studenti all’anno, abbiamo apprezzato il continuo miglioramento della qualità delle messe in scena, abbiamo notato con molto piacere il progressivo maggior coinvolgimento degli insegnanti referenti e l’apporto creativo e professionale degli esperti che le Scuole hanno calamitato».

C’è qualcosa che si poteva fare ma non è stato fatto? A Mondovì si può fare qualcosa in più per il teatro e, se sì, chi potrebbe fare qualcosa? «Non è “il fare qualcosa in più”: il fondamentale è “cominciare” a dare dignità culturale e sociale al teatro. Il resto, forse, verrebbe al seguito. Dire che bisognerebbe spingere perché il teatro abbia più attenzione sembra ovvio: ci sono radici, ci sono stati teatri. Ma sembra che le radici siano ormai appannaggio degli storici e che i teatri siano nostalgia polverosa. Come “Servi di scena”, non sono poche le iniziative che continuiamo a tenere nel cassetto per limiti organizzativi e per difficoltà economiche. Tutto il nostro lavoro è volontario. Sostenere le spese di allestimento di uno spettacolo, avere dei locali prove e per ricovero materiali, curare le partecipazioni alle varie manifestazioni non è uno scherzo. Il Festival può continuare grazie al Comune che mette a disposizione il “Baretti” e ai contributi, della BM e di “Assicurazione Gastaldi”. L’edizione 2016 è dietro l’angolo».

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