Una Turandot che annulla gli schemi e che scardina l’immaginario collettivo. Una Turandot “stupefacente”. Magistrale la regia di Mario Menini. La sceneggiatura e la scenografia di Mario Pagano che ambientano il grande classico di Puccini in una dimensione post-atomica: la corte dell’imperatore cinese è un ghetto sub-metropolitano abitato da clan (Bikers, Giocatori di baseball, Tatuati, Cinesi) dove la figlia del capo clan dei “Guerrieri” si accoppierà con il pretendente di sangue che abbia svelato tre i difficili indovinelli. Una grande interpretazione corale dal sorprendente effetto scenico (impeccabili costumi, trucco e parrucco) che riesce a tenere perfettamente fede all’originale libretto pucciniano. Impeccabile l’organizzazione: precisa, strutturata, senza sbavature in grado di accogliere gli ospiti e di offrire le condizioni ottimali per assistere allo spettacolo. Adeguata la location: il piazzale interno all’ex Acna, sottostante alla portineria, forma una sorta di anfiteatro naturale dall’ottima acustica, lontano da rumori fastidiosi e offre tutte le strutture e le infrastrutture necessarie per adempiere alle attuali normative di sicurezza.
Ulteriori particolari su L'Unione Monregalese del 23 agosto 2017