Diciamo subito che la rissa al Senato nel dibattito per varare la legge che assicura la cittadinanza italiana a circa 800 mila bambini, ragazzi, adolescenti nati nel nostro Paese, presenti da sempre in Italia, con la scuola dell’obbligo espletata tra di noi, ma figli di stranieri giunti sul suolo italico da tempo, è stata uno spettacolo indegno. Sia per lo “scontro fisico” adottato, sia per l’opposizione ideologica ad un provvedimento che è solo di civiltà. E poi la lettura di queste bruttissime pagine che si scrivono di traverso nel cuore delle istituzioni repubblicane e democratiche non può sottrarsi a spunti ulteriormente deludenti, in quanto sembra che si sia montata la gazzarra anche per dare segnali “forti” (!?!) ad un elettorato italiano impegnato nei ballottaggi alle amministrative, incentivando paure, pregiudizi, approssimazioni… tanto per dar più credito ai moti di pancia che non ai ragionamenti sensati e motivati. Ma l’incredibile sta poi nel fatto che si vuole spingere sull’acceleratore dei timori italici, riferiti a ragazzi “stranieri” che sono già italiani nella lingua, nella cultura, nell’istruzione… E’ impossibile tornare indietro. Perché allora ingigantire un tabù che non regge? Perché non guardare ad una cittadinanza già reale e solo da riconoscere formalmente come ad un modo corretto di immaginare una convivenza, una inclusione, una integrazione?
C’è da guadagnarne soltanto in termini di vivibilità per tutti. Anche tenendo conto dei numeri che si profilano. “Se è vero, come dicono le proiezioni, che nel 2050 ci saranno tra i 7 ed i 10 milioni di italiani in meno, il nostro Stato come potrà reggere? Oggi li vogliamo allontanare, ma tra dieci anni saremo costretti a pagarli per farli venire”, così il presidente di Caritas italiana, card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, domenica su “Avvenire”. E continua: “Già oggi tante fabbriche si reggono sul lavoro dei migranti. Secondo i dati della Fondazione Moressa, 640 mila pensioni di italiani sono già oggi pagate dai contributi versati dagli immigrati. Senza di loro avremmo 30 mila classi scolastiche in meno e migliaia di insegnanti senza lavoro”. Insomma basterebbe fermarsi a ragionare con clama, mettendo sul tavolo tutti gli elementi. E non solo inseguire pulsioni immediate che fanno solo e sempre etichettare lo straniero come un… pericolo. Inaccettabile! “Perché io dovrei aver paura di loro e loro non dovrebbero aver paura di me?”, si interroga il card. Montenegro, senza alcuna retorica. Insomma c’è qualcosa di delicato e di serio che si sta guastando nei nostri sguardi, nelle nostre teste, nei nostri animi… E bisogna farvi attenzione, per non trovarsi poi spiaggiati in derive disastrose. L’immigrazione di lungo corso o di emergenza come oggi, certamente, è un drammatico problema umano per chi cerca nuove terre per sopravvivere, come è un problema sociale per chi deve accogliere con una consapevolezza che impegna. Ma di qui a risolvere tutto con dei divieti, ce ne corre. Se vogliamo essere appunto umani, senza se e senza ma.
“Ius soli”, una questione di civiltà e basta
La rissa al Senato nel dibattito per varare la legge è stata uno spettacolo indegno