Le armi nel “made in Italy” che spopola

E’ l’industria bellica italiana che lo scorso anno ha triplicato le sue esportazioni, mettendo sul mercato di tutto e di più

Purtroppo non è una novità. Ed invece dovrebbe esserlo e magari dovrebbe far indignare almeno un po’. In ogni caso non se ne parla più di tanto. Per una sorta di strano pudore. O perché sembra sia un fenomeno inarginabile. Di fronte al quale arrendersi, come se non si potesse far nulla. E’ l’industria bellica italiana che lo scorso anno ha triplicato le sue esportazioni, mettendo sul mercato di tutto e di più (per difendersi dai conflitti o per contrastarli, speriamo non per alimentarli): elicotteri d’assalto, razzi, agenti chimici e tossici, pistole, tecnologia innovativa, esplosivi e siluri… Insomma un variegato armamentario. E’ il caso di dirlo. Quindi un Made in Italy che spopola alla grande su molteplici fronti. E non sono acquirenti tanto trasparenti, anche se si potrebbe sbandierare tutto questo fior di forniture come un contributo per tutelare le democrazie da attacchi di vario tipo, dal terrorismo in particolare. Ma si vendono elicotteri alla Turchia esposta come non mai sul conflitto siriano e inguaiata con la minoranza curda, senza contare che il suo leader fa incarcerare i giornalisti non allineati che hanno denunciato appunto altro commercio di armi nei dintorni dell’Isis. E poi si vendono armamenti al Pakistan prossimo a zone grigie in cui si posizionano i talebani. Così come si riforniscono di materiale bellico l’Arabia Saudita implicata a contrastare i ribelli sciiti nello Yemen.
Si discute poi se, in assoluto, la spesa militare in Italia sia in diminuzione o in crescita. Il Sipri di Stoccolma spiega che il nostro Paese starebbe ridimensionando la voce armamenti. Replica invece la Rete per il disarmo (il coordinamento nazionale a cui partecipano molte organizzazioni, anche cattoliche), convinta che invece per le armi si spende di più nel nostro Paese. In ogni caso l’Italia è al dodicesimo posto nel mondo per spese militari appunto.
Qualcuno ricorderà (o forse no?), quanto ebbe a dire con forza Papa Francesco a Redipuglia il 13 settembre 2014, davanti alle spoglie di tanti caduti nella prima terribile ed atroce guerra mondiale. “Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? E’ possibile – spiegò senza peli sulla lingua Jorge Bergoglio in un luogo estremamente significativo ed angosciante – perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro come pure gli imprenditori delle armi… hanno scritto nel cuore: ‘A me che importa?’…”. Già, ed invece dovrebbe importare eccome, a cominciare da chi conserva un po’ di ideali nell’animo, per un’umanità che cerchi finalmente la pace e non solo sia braccata dai profitti a tutti i costi.

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