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13 Gennaio 2023 - 16:14
Don Massimo Rigoni: «La nostra presenza è incominciata nel 2007 quando l’allora Vescovo mons. Giuseppe Guerrini, ora vescovo emerito della diocesi di Saluzzo, chiese a Madre Elvira un aiuto per l’assistenza spirituale nel carcere "Morandi", essendo in quell’anno andato in pensione l’allora cappellano don Francesco. Abbiamo iniziato con gioia e trepidazione questo servizio insieme a don Giuseppe Arnaudo, parroco di Manta, con il quale c’era già una bella amicizia da anni. Noi sacerdoti del Cenacolo collaboravamo con lui, nominato cappellano, e la nostra è stata un’esperienza interessante e nuova anche per il carcere saluzzese, in quanto si era di fatto costituita una sorta di “cappellania” con più sacerdoti che ruotavano nel servizio, e questa formula si è rivelata costruttiva ed efficace. Da qualche anno don Beppe per i molti impegni parrocchiali ha dovuto lasciare l’incarico di cappellano, e questo servizio è stato affidato a me, coadiuvato dagli altri sacerdoti del Cenacolo. Abbiamo accolto questo servizio come presenza volontaria, a titolo gratuito, perché crediamo sia la modalità più confacente al nostro stile di servizio, e che ci offre uno spazio di libertà serena nel dono di noi stessi. Il vescovo mons. Cristiano Bodo ha confermato e incoraggiato tale direzione del cammino intrapreso, sostenendo e apprezzando la nostra presenza e il nostro servizio pastorale presso il carcere. Abbiamo accolto tale servizio pastorale in quanto è un’opera di misericordia cui il Signore ci chiama nel Vangelo: “Ero in carcere e siete venuti a visitarmi…”, e perché Madre Elvira nel suo passato ha frequentato il carcere e aiutato vari fratelli reclusi a ritrovare speranza e vita nuova».
Don Massimo Marchi: «Sono rientrato da circa un anno dalle nostre missioni del Brasile per un tempo qui nella nostra Casa madre a Saluzzo, e ho avuto più volte l’occasione di celebrare le messe in carcere. Celebrare l’Eucarestia nei luoghi dove il dolore umano è più vivo, è sempre un’esperienza particolare di presenza del Signore. Dove c’è maggiore sofferenza, a volte Dio lo si sente più vicino e certamente la sua presenza in quei luoghi è più necessaria».
Con che cadenza vi recate al Morandi?
«Attualmente la nostra presenza si concretizza soprattutto nella celebrazione di due messe domenicali, una per ogni padiglione. Inoltre il mercoledì pomeriggio ci rechiamo al "Morandi" per vivere un momento di preghiera con i detenuti che lo desiderano e per ascoltare coloro che richiedono un colloquio personale con noi».
Come siete stati accolti?
Don Massimo Rigoni: «Devo riconoscere con gratitudine che ho sperimentato sempre una gioiosa accoglienza da parte di tutti, degli ospiti dell’istituto in particolare ma anche da parte degli agenti di Polizia penitenziaria, che svolgono un servizio a volte non facile e delicato, e dagli educatori. Ho potuto constatare aiuto e sostegno da parte di tutti, ricevendo preziosi consigli e costante collaborazione».
Don Massimo Marchi: «Ho sempre sperimentato un’accoglienza rispettosa e serena, anche grata per la nostra presenza che offre, attraverso la preghiera, la fede e la celebrazione dei sacramenti, sia ai detenuti che agli agenti la certezza della presenza del Signore accanto a loro. E anche la certezza di una presenza che desidera, in qualche modo, voler bene a tutti in quanto figli amati dallo stesso Dio, che è il Padre di tutti».
Qual è il vostro compito e quali le problematiche dei reclusi?
Don Massimo Rigoni: «Il servizio più prezioso e per il quale “entriamo” in quel luogo è l’accompagnamento spirituale che ha come fine la proposta della fede come cammino che offra un senso più profondo al dramma di essere in un luogo di sofferenza, di umana fatica e spesso di profondo dolore. Ma tale momento nella vita può divenire sorgente di speranza in un futuro migliore, desiderio di cambiamento, di riscatto. Il cammino riabilitativo che ogni istituto di detenzione ha come obiettivo primario, a mio parere trova nella proposta della fede una forza e un incoraggiamento supplementari che possono fare la differenza. Le problematiche dei detenuti sono numerose: la prima e più dolorosa credo sia la mancanza della libertà, che come la salute o qualsiasi altro dono non si sa apprezzare mai abbastanza fino a quando lo si perde. Poi la lontananza dalle famiglie e la sofferenza che questo genera nei cuori, e molte altre difficoltà. Ma mi stupisco sempre nel contemplare in tanti fratelli detenuti incontrati un’accettazione sofferta ma serena della propria situazione, che non è solo rassegnazione passiva, ma profondo e autentico desiderio di riscatto e di cambiamento interiore, in vista di un futuro migliore».
Don Massimo Marchi: «Credo che il nostro compito sia mostrare la vicinanza del Signore ai suoi figli attraverso la nostra presenza semplice, che cerca di essere accogliente e cordiale con tutti, per mostrare a ciascuno che la vita vale comunque e sempre più degli sbagli che una persona può aver commesso. E che è possibile rinascere da qualsiasi situazione di dolore o di errore vissuta nella vita. E noi al Cenacolo questo lo viviamo ogni giorno».
Come viene accolta la Parola del Signore?
Don Massimo Rigoni: «Molti partecipano fedelmente e attivamente alle messe festive, e la Parola proclamata vedo che è sempre ben accolta, soprattutto se nell’omelia cerchiamo, come anche il magistero di Papa Francesco ci propone, di essere semplici e concreti, consapevoli che dalla Parola si può attingere la serenità del cuore, la luce per il nostro cammino, la fiducia nel Signore e in sé stessi di cui ognuno di noi, e particolarmente in questo luogo, ha sempre tanto bisogno».
Don Massimo Marchi: «Viene accolta con desiderio di sincero ascolto, e con coloro che partecipano alle messe domenicali si è instaurato un clima di rispetto, di ascolto e di preghiera sincera».
Si parla tanto di sovraffollamento delle carceri: quale situazione avete trovato al "Morandi"?
«La situazione riguardo l’affollamento ci pare fosse più pressante anni fa, in cui la presenza dei detenuti era molto più numerosa e di conseguenza molto faticosa la convivenza nelle celle. Attualmente, anche grazie all’apertura del nuovo padiglione ormai attivo da anni, soprattutto quei fratelli reclusi, che purtroppo hanno più anni di reclusione da scontare, hanno una stanza per loro e questo credo che sia una buona e giusta soluzione».
Due preti a varcare le porte del carcere di Saluzzo - www.unitineldono.it
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