Ha 28 anni compiuti da appena un paio di settimane, e sta per iniziare la carriera da magistrato. Un successo che merita di essere raccontato, quello della giovane monregalese Victoria Dunn. Il suo cognome è inglese perché il padre, Robert Dunn, è originario della contea del Norfolk: a Mondovì è conosciuto per aver aperto la scuola di inglese “British Centre”. Victoria, classe 1992 e una laurea in Giurisprudenza con 110 e lode, ha vinto il concorso del Ministero della Giustizia: «Questa era la strada che volevo intraprendere – ci racconta, appena rientrata a Mondovì da Roma –. Dopo la laurea ho fatto un tirocinio di 18 mesi nel Tribunale di Cuneo, affiancando due giudici, il dr. Boetti e il dr. Biasci, e poi ho fatto il concorso: le prove scritte si sono svolte circa un anno fa, il Covid ha rallentato molto le procedure. Poi c’è stata la prova orale, che ho superato».
Congratulazioni, Vittoria. Quanti eravate alle prove?
Si è patiti da una base di circa 13 mila iscritti. Alle prove ci siamo presentati un po’ meno della metà, più o meno in 6 mila. Poi si sono ridotti ulteriormente. Tutto questo per 330 posti.
Ora comincia la sua carriera da magistrato: da quale lato della cattedra si immagina? Giudice o pubblico ministero?
Giudice. La carriera che mi piacerebbe fare è questa.
Cos’è che l’ha portata a scegliere la magistratura e non l’avvocatura?
L’idea di poter applicare i codici, ovvero ciò che si è studiato per tutta l’Università, senza il vincolo di dover avere una posizione di parte. Per un giudice, l’unico “vincolo” è quello della legge. È un ruolo più neutro, in un certo senso autonomo, in cui riesco a immaginarmi più a mio agio.
Troppo spesso il sistema giudiziario italiano si mostra per quello che è: lungo, farraginoso, pachidermico. Nel penale, poi, ci troviamo col problema dei tempi che cozzano con le prescrizioni. Lei crede possa andare avanti ancora così?
Credo che questo sia un enorme problema. Ci sono state delle riforme, come nel caso di quella sulle prescrizioni, ed è segno che qualcosa si sta muovendo. Io penso che un grosso passo in avanti, almeno nel campo del processo civile e quello amministrativo, possa arrivare dal “processo telematico”: con questo sistema gli atti si possono depositare on line e, quando c’è accordo fra le parti, magari si potrebbe pensare a “udienze a distanza”.
Crede che il “processo telematico” potrebbe avere un ruolo anche nel penale?
Nel penale è più difficile, ogni parte è presente in aula: richiederebbe un bilanciamento, forse non sarebbe possibile durante il dibattimento. Però magari per quel che riguarda il deposito degli atti, si potrebbero trovare delle strade. O per casi come le sentenze di decreto penale di condanna o istituti come la messa alla prova.
Come intende impostare la sua carriera? Civile o penale?
Mi piacciono entrambi. Ora comincio il periodo di tirocinio a Torino, affiancando magistrati torinesi, nuovamente di rito civile. Poi deciderò.
Pensa che l’emergenza Covid cambierà i processi?
Credo che a lungo termine avrà sicuramente degli effetti. Potrebbe averlo sulla presenza in aula aggiungendo, come dicevo prima, udienze “a distanza”, sulla trasmissione di atti e documenti. La macchina della giustizia andrà avanti, ma potrebbe farlo in modo diverso.
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