Omicidio stradale di Viviane Babando, la Procura chiede otto anni di carcere

Alla guida dell'auto, che travolse e uccise l'insegnante 68enne a Vicoforte, il 27enne H.Z. "Ho fatto l'impossibile per evitarla", ha dichiarato al giudice

Il luogo della tragedia

(a.c.)Otto anni di carcere. E' questa la richiesta del pubblico ministero Francesca Lombardi avanzata nei confronti di H.Z, il 27enne di nazionalità marocchina, residente a Mondovì e accusato per l'omicidio stradale di Viviane Babando, avvenuto la sera del 21 settembre 2018 a Vicoforte. La pena elevata per questo tipo di reato (il minimo edittale è di cinque anni, il massimo dieci) è stata motivata dalle circostanze in cui avvenne la tragedia. L’auto guidata da H.Z., una Opel Corsa, viaggiava a una velocità di almeno 70 km/h in un tratto della Statale 28 ancora compreso nel limite urbano dei 50 km/h.

È stato inoltre accertato che il guidatore avesse assunto stupefacenti il giorno stesso: «Avevo fumato solo una canna al mattino, dopo aver litigato con mio padre» assicura il giovane. L’accusa non gli crede e ritiene invece che l’automobilista avesse fumato poco prima di mettersi al volante, anche in forza di un precedente specifico che nel 2016 gli era costato il ritiro della patente, dopo un incidente.

L'imputato: «Ho sterzato per cercare di evitarla»

Il 27enne si è giustificato davanti al giudice: «Ho fatto l’impossibile per salvarla, nessuno vorrebbe convivere con l’idea di aver ucciso una persona».  Viviane Babando, 68 anni, professoressa di francese in pensione, era appena uscita dalla pizzeria Rio de la Plata dove aveva cenato con la figlia: urtata dal lato destro dell’auto e sbalzata sulla strada, era morta sul colpo.

«Si è infilata tra due macchine parcheggiate davanti al locale» ha spiegato l’imputato: «Per cercare di evitarla ho sterzato tutto a sinistra fino a invadere l’altra corsia, ma la signora ha fatto un passo in avanti e mi sono accorto di averla presa. In quell’istante ho chiuso gli occhi per lo shock e l’auto si è ribaltata». H.Z. e un coetaneo che era con lui, suo parente, avevano riportato lesioni di poco conto nell’incidente.

Viviane Babando

«L'auto poteva viaggiare anche oltre i 70 Km/h» 

Sulla posizione della vittima al momento dell’urto sono emerse le divergenze più forti: per la Procura la donna era sul ciglio della strada, secondo la difesa invece si trovava già sulla carreggiata. «Da nessun rilievo dei consulenti tecnici emerge che la Babando sia stata urtata nel momento in cui aveva già iniziato l’attraversamento e nemmeno che stesse attraversando di traverso», ha obiettato il procuratore. Dubbi anche sull’andatura del veicolo: si sa per certo che la Opel viaggiasse sopra ai limiti ma avrebbe potuto essere a una velocità anche superiore ai 70 km/h, dal momento che il consulente ha ritenuto che la velocità massima per arrestare l’auto in tempo utile fosse tra gli 86 e i 90 km/h. In ogni caso, «era assolutamente prevedibile che dal ristorante potessero affacciarsi persone a piedi o in auto a quell’ora».

Analoghe considerazioni sono state svolte dal legale della famiglia Spezzati-Babando, avvocato Stefano Campanello: «Se prendiamo per buone le conclusioni del perito di difesa, cioè che il conducente non vedesse oltre i 10 o 15 metri e che nemmeno viaggiando a 30 km/h avrebbe frenato in tempo, ne consegue che avrebbe dovuto scendere sotto il limite e che la sua colpa è ancora maggiore». Il patrono di parte civile ha respinto la tesi difensiva secondo cui la vittima sarebbe arrivata già a metà strada: «È stata colpita quando si trovava al margine della carreggiata: eliminiamo dalla scena le idee distorcenti che andasse di fretta o che fosse distratta perché impegnata in una telefonata».

La tesi della difesa 

Sulla tesi del concorso di colpa si basa invece l’impianto difensivo dell’avvocato Raffaele Folino: «L’ipotesi di un attraversamento repentino è verosimile perché altrimenti il conducente avrebbe potuto frenare. Credibile la versione offerta dall’imputato e dal suo passeggero che hanno ammesso il superamento dei limiti di velocità». Oltre all’imprudenza del pedone, a determinare l’investimento avrebbero concorso le condizioni ambientali: «Sul luogo non c’era illuminazione pubblica e non si può ritenere sufficiente il lampione privato collocato nel parcheggio del ristorante. Anche i carabinieri intervenuti citano nel verbale la visibilità scarsa». La sentenza del giudice è attesa fra un mese, nell’udienza del 29 giugno.

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