«La Piemontese rischia di chiudere», nascono i “Piemontesisti”

La neo nata Associazione ha incontrato il ministro Guido Crosetto, il presidente Gian Piero Ameglio: «Chiediamo il giusto riconoscimento dei nostri animali e più controlli sulla tracciabilità»

Il consiglio direttivo dell’Associazione “Piemontesisti” è composto da vari allevatori a rappresentanza delle province piemontesi: oltre al presidente Gian Piero Ameglio, Giovanni Basso (vice presidente), Guido Mina, Matteo Pelleri, Damien Serra, Massimo Bertoglio, Luigi Allemano, Francesco Pozzo.

L'incontro tra la delegazione della neo-costituita Associazione “Piemontesisti” e il ministro Guido Crosetto, titolare del dicastero della Difesa nel Governo Meloni è avvenuto a Marene lo scorso venerdì. Un momento per sottoporre all’attenzione del ministro le criticità che attanagliano da tempo il settore degli allevatori della razza bovina Piemontese.

L’Associazione dei “Piemontesisti” ha visto la luce ufficialmente lo scorso aprile, durante l’assemblea costituente a Carmagnola e si pone come scopo la tutela e la valorizzazione della Piemontese e delle aziende che portano avanti questa tipologia di allevamenti. Sta raccogliendo diversi soci del settore e ha la sua sede legale a Carrù, presso la “Casa della Piemontese”.

L’occasione è stata propizia per sottoporre alla presenza del ministro Crosetto e del consigliere regionale Paolo Bongioanni la nascita dell’Associazione e la “tragica” situazione in cui versano attualmente gli allevamenti della Piemontese. Commenta così Gian Piero Ameglio, agricoltore e allevatore alessandrino (residente ad Altavilla Monferrato) e presidente dell’Associazione “Piemontesisti”. «In una società ormai globalizzata noi riteniamo di avere voce in capitolo solo se facciamo sistema, ed è per questo motivo che intendiamo condividere le nostre iniziative con le istituzioni, il sistema allevatori e con tutte le organizzazioni che vogliano intraprendere un percorso aggregato e condiviso». L’incontro con il ministro Crosetto segue quelli già avvenuti in precedenza con l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte Marco Protopapa e lo stesso consigliere regionale Paolo Bongioanni.

A discapito del consumatore finale 

 «Il prezzo riconosciuto alla stalla dei nostri animali – prosegue Ameglio – è in costante perdita. Dall’avvento dell’euro siamo passati da un riconoscimento medio di 7.450 lire al kg (3,85 euro circa) nel 2001, agli attuali 4 euro o poco più. Mentre i valori di tutto il resto nel ventennio in questione sono più che raddoppiati. Poi, l’aumento vertiginoso del costo delle materie prime nel 2022 sta inevitabilmente portando all’azzeramento del reddito. La Piemontese rischia davvero di “chiudere”. Dai dati del libro genealogico risulta una riduzione, nel solo ultimo anno, di più di 4.000 fattrici, dato equivalente al 3% del patrimonio genetico della razza». Il tutto avviene a discapito del consumatore finale, in un contesto in cui c’è sempre più discrepanza tra il prezzo riconosciuto agli animali in stalla e il prezzo di vendita della carne al banco. L’altra parola chiave è «tracciabilità». Chi alleva la razza bovina Piemontese lo fa perché crede in un’eccellenza, che è insostituibile, sia per l’altissima qualità della carne prodotto, che per la sostenibilità ambientale dei piccoli e medi allevamenti. «Tutto ciò – spiega il presidente Ameglio – oggi è fortemente penalizzato dalla tracciabilità del prodotto carne, nonostante i virtuosi sistemi di certificazione attivati e garantiti dal Consorzio di tutela COALVI. In altre situazioni viene venduta al consumatore finale come carne Piemontese anche quella di animali che non sono di razza bovina Piemontese, e in certi casi sono utilizzati strumenti messi a disposizione del Libro Genealogico, senza i controlli adeguati».

Le richieste

In sostanza sono tre le richieste avanzate dai “Piemontesisti”. Il riconoscimento di un prezzo maggiore degli animali acquistati, che attualmente è «a favore della trasformazione e della parte commerciale», auspicando anche «l’intervento delle autorità Antitrust a garanzia di una libera e corretta concorrenza del mercato». In secondo luogo, l’attuazione di controlli adeguati per garantire la tracciabilità del prodotto carne e la proposta di norme che inducano la tracciabilità del prodotto finale attraverso la quantificazione corretta al macello del prodotto carne, affinché venga commercializzata effettivamente quella quantità.

«Il ministro Crosetto, che ringraziamo per la grande disponibilità e sensibilità dimostrate, si è impegnato affinché questi problemi possano trovare al più presto una soluzione. Ci riteniamo molto soddisfatti per l’esito dell’incontro», commenta a chiosa il presidente Ameglio.

 

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