Letizia Iemina dal Villanova Volley all’avventura canadese

La 17enne di Frabosa ci racconta l’anno di studio all’estero tra scuola e pallavolo: «Sono qui da poco più di un mese, la miglior scelta che potessi fare»

«Un po’ di paura c’è stata, inevitabilmente. È il primo viaggio che faccio da sola. Ma adesso, anche se è passato solo un mese, posso già dire che è una delle esperienze migliori che potessi scegliere. Ti cambia tantissimo». Letizia Iemina ha solo 17 anni, ci risponde dal Canada. È atterrata all’aeroporto di Vancouver lo scorso 30 agosto, direzione Clarence Fulton School, per il suo anno di studio all’estero. Un tuffo che, a quell’età, ti spezza il fiato e lascia il cuore in gola. Ma ti fa rendere conto quanto sia bello il respiro della libertà. Letizia è di Frabosa Sottana e frequenta Scienze applicate al “Cigna” di Mondovì. Nella sua vita “parallela” come palleggiatrice è reduce dalla vittoria del campionato di Serie D con il Villanova Volley. La pallavolo è una passione nata tutta in famiglia, ereditata dal papà-coach Roberto, e ora portata avanti anche oltreoceano.

Ciao Letizia, com’è nata quest’esperienza all’estero?
All’inizio ero indecisa tra Canada e Nuova Zelanda. Mi sono rivolta a una delle varie agenzie del settore, la “Astudy”, che si è occupata di tutto ed è stata molto disponibile. Del Nord America ho sentito parlare molto bene, così mi son lasciata guidare.

Dove ti trovi esattamente?
A Vernon, British Columbia, nella parte più a occidente del Canada. La zona in cui abita la mia famiglia ospitante è molto tranquilla, a cinque minuti di macchina dalla scuola, la Clarence Fulton School. Qui frequento le lezioni e gioco nella squadra di volley.

Per capire meglio … com’è una tua giornata-tipo nel nuovo mondo canadese?
Allora, le lezioni iniziano alle 8.30. Solitamente sono quattro blocchi da un’ora e 40’ ciascuno e gli argomenti vengono scelti prima. Io, ad esempio, frequento anatomia, ginnastica, precalcolo (che sarebbe matematica avanzata) e inglese. Dalle 11.20 a mezzogiorno siamo in pausa pranzo, poi si va avanti fino alle 15. Quando ho gli allenamenti, ritorno poi a scuola col bus alle 17. Se ho compiti li faccio dopo cena, anche se qui si tende a svolgere la maggior parte del lavoro in classe.

Con il volley come ti trovi?
Nella squadra le uniche straniere siamo io e un’altra ragazza tedesca. Pensate che in tutta la scuola ci sono una quarantina di “exchange students” e io comunque sono l’unica italiana! Questa cosa all’inizio mi spaventava, ma le mie compagne di squadra mi hanno subito integrata. Giochiamo nel campionato scolastico regionale e nei vari tornei, che sono molto diffusi. La squadra è tutta nuova, ma siamo partiti subito bene. L’intesa è ottima.

E il livello?
È come quello di un campionato giovanile italiano, forse leggermente più basso. Ma le strutture sono all’avanguardia. Non solo la palestra, il campus comprende il campo da beach quello da football, dove ci raduniamo per tifare la squadra della scuola. È proprio come si vede nei classici film americani: il senso di appartenenza resta molto forte.

Cosa trovi di diverso rispetto al nostro Paese?
In Italia credo sia più arduo combinare i vari impegni tra scuola, pallavolo e vita sociale. Qua è tutto più “integrato”. I candesi, poi, solitamente iniziano già a lavorare a 15 anni, in modo da guadagnarsi qualche soldo per la macchina. Compiuti 16 anni possono infatti già prendere la patente.

Un consiglio per chi volesse provare questo tipo di realtà?
Sicuramente di mettere da parte i timori e di farlo. Aiuta molto come crescita personale e nella capacità di giudizio verso le altre persone. Prima di partire pensavo che ci fosse solo un modo di vivere e di ragionare, ma non è così. Ora il mio obiettivo è prendere la “graduation” qui, così che tornando in Italia avrei poi il doppio diploma. Non so ancora se poi andare al college o studiare altrove. Ma so per certo che questa annata me la porterò sempre con me.

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