I 101 anni di Luigi Salvatico
Luigi Salvatico ha tagliato l’invidiabile traguardo dei 101 anni. Ospite della “Fondazione Opera Pia Garelli” di Garessio, ha ricevuto l’omaggio, nel rispetto del distanziamento e delle prescrizioni anti Covid, dell’assessore comunale Paola Carrara con il consigliere Pier Andrea Camelia e del capo-gruppo della locale sezione Ana Giorgio Candussio.
«I suoi occhi, vispi e sorridenti – raccontano dall’Opera Pia Garelli –, si sono velati al caloroso canto di buon compleanno del personale, davanti a una magnifica torta preparata dal cuoco e agli auguri dell’Amministrazione e degli Alpini che, a nome del sindaco e di tutta la sezione Ana, gli hanno donato un ricco cesto di dolciumi. Luigi, reduce di Russia, è uno degli ultimi testimoni che hanno vissuto in prima linea la triste storia della guerra. Luigi è nato nel lontano 1919 a Valcasotto, più precisamente nella borgata ormai scomparsa di Moscardina, dove ha vissuto molti anni prima del trasferimento a Garessio. Figlie e nipoti non hanno potuto essere presenti e abbracciare il loro congiunto; la visita a distanza e le riprese della festa hanno tuttavia avvicinato virtualmente Luigi alla sua famiglia e alla comunità di Garessio».
I 101 anni di Luigi Salvatico
La vicenda di Luigi Salvatico, reduce Ana, artigliere del gruppo “Mondovì” - IV Reggimento Artiglieria da montagna - Divisione alpina Cuneense, ex deportato e medaglia d’onore, si inserisce nelle tristi e dolorose pagine della ritirata di Russia, intrecciandosi a quella del fratello Paolo. Nei primi giorni del ripiegamento, il 21 gennaio 1943, Salvatico rincontra il fratello, l’amico Andrea di Pamparato e il cugino Pierino. Subito si accorge che Paolo soffre di un inizio di congelamento a un piede. Con l’aiuto dell’amico e del cugino, e utilizzando un mulo, riesce a trascinarlo ancorché il fratello, più volte, lo esorti a proseguire senza di lui. La sua costanza viene premiata il 4 febbraio a Belgorod, quando carica Paolo su una tradotta per l’Italia. Riuscirà anche lui a rimpatriare, circa un mese dopo, ma giunto in Italia verrà avviato a un ospedale militare dove gli amputeranno parte dell’alluce sinistro già in fase di congelamento. E, dichiarato nuovamente abile, verrà spedito al Brennero. Catturato dai tedeschi dopo l’otto settembre 1943, finirà in un campo di lavoro a Vienna assegnato, prima, a insaccare patate e segala, poi come aiutante in una cascina e infine a scavare trincee per ostacolare l’avanzata russa. Fatto prigioniero dai sovietici e riportato in Russia, rientrerà in Italia solo a fine 1945.
«Custodiamo un pezzo di storia che, a differenza di tanti altri Alpini, abbiamo potuto raccontare – diceva in un’intervista di qualche anno fa –. Il nostro pensiero va a chi non è più tornato e alle loro famiglie».
«Luigino, come viene chiamato dai suoi compaesani, combatté per ben due volte in Russia, trascorrendo 6 mesi nel freddo gelido della Siberia – racconta il fratello Lorenzo, classe 1928 -. Non solo. Durante il secondo conflitto mondiale partecipò alle campagne di Francia, Albania e Grecia e per due anni rimase prigioniero in Germania, fino a quando la zona non venne liberata proprio dall’esercito russo. Fece quindi ben 6 anni complessivi di guerra e il suo carattere deciso, sveglio e intraprendente lo aiutarono a sfuggire dalle situazioni più difficili e soprattutto a tornare sano e salvo a casa». In molti nel suo paese di origine lo ricordano con affetto, infatti grazie alla sua esperienza, maturata sui campi di battaglia, seppe aiutare i tanti suoi compaesani che incontrò al fronte durante il conflitto. «Siamo felici di essere riusciti a celebrare anche quest’anno la ricorrenza, nonostante il periodo complicato dall’emergenza Covid-19 – ha raccontato la figlia Vilma -. Ringraziamo per questo il personale sanitario, che da anni si prende cura di lui nel migliore dei modi».
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