(a.c.) – Attorno a un litigio per i danni subiti da un’automobile ruotava il processo contro R.F., un residente di Garessio accusato di lesioni, minacce e porto d’armi improprie. A denunciarlo nel marzo 2018 era stato un ex amico, al quale l’uomo aveva affidato la custodia della casa e dell’auto dopo essere partito insieme alla moglie per un soggiorno di cinque mesi in Thailandia. Al suo ritorno R.F. aveva scoperto che la macchina aveva subito due diversi incidenti, sebbene avesse proibito all’amico di utilizzarla.
Quest’ultimo si era giustificato affermando di aver già provveduto alle riparazioni a sue spese. Tutto questo aveva portato all’incontro “chiarificatore” in piazza Gonelli, nel centro del paese. Qui, secondo l’autore della denuncia, R.F. si sarebbe presentato con un grosso bastone, puntandoglielo alla gola e colpendolo anche con pugni e calci. Nel duro confronto l’imputato avrebbe anche intimato all’altro di sparire da Garessio, non prima però di acquistargli una nuova auto e di intestarne un’altra a sua moglie: «Assicurava che se non avessi pagato avrebbe ucciso mio padre e una mia sorella, tenendomi per ultimo» ha specificato la parte offesa in aula.
Del tutto difforme la ricostruzione fornita dall’accusato, il quale affermava che fosse stato proprio il suo interlocutore a proporgli uno “scambio”: «Mi proponeva di cedergli la mia macchina, in cambio lui me ne avrebbe acquistata una nuova». Nessuna minaccia e nessun pestaggio, insomma, solo una civile discussione poi virata su altri temi. Il pubblico ministero Davide Fontana non ha comunque ritenuto attendibile la versione fornita da R.F., chiedendo per lui la condanna a otto mesi di reclusione.
Per la difesa, invece, l’avvocato Mario Bovetti ha parlato di una «chiara macchinazione» ai danni del suo assistito: «Non pretendeva nulla, oltretutto aveva un’assicurazione che rimborsava ogni danno subito dalla sua auto. Come è possibile poi che una persona che afferma di essere stata malmenata per un’ora e mezza se la cavi con così poco?». Il legale ha fatto cenno anche a un aspetto della deposizione della parte offesa, secondo cui R.F. avrebbe rafforzato le sue minacce confidando di aver combattuto come mercenario in ex Jugoslavia e ucciso dodici persone: «Una roba da film hollywoodiani» secondo l’avvocato. Il giudice Emanuela Dufour, all’esito dell’istruttoria, ha riconosciuto colpevole R.F. per i reati ascritti, condannandolo alla pena di un anno.