Un’accusa precisa, con nome e cognome, formulata nei confronti di un carabiniere durante un controllo in un locale: è questa la vicenda da cui trae origine il processo per oltraggio nei confronti di P.F., 43enne residente a Clavesana.
L’uomo si trovava nel suo bar insieme a due amici nel febbraio dello scorso anno, un sabato sera, quando i militari erano entrati per un controllo sui green pass. Gli animi si erano presto scaldati, perché il gestore sosteneva che il locale fosse ormai chiuso e dunque non più accessibile all’eventuale clientela. Nel battibecco successivo avrebbe proferito le frasi incriminate: «Perché non andate a controllare il carabiniere [omissis]? Compra la droga a Dogliani». Questo, almeno, è quanto sostiene di aver udito il carabiniere menzionato, che ha in seguito sporto denuncia: «Per via della mascherina, P.F. non si era accorto che il carabiniere davanti a lui ero proprio io», ha spiegato.
Ma nemmeno l’improvvisa rivelazione avrebbe indotto il barista a desistere: «Quando mi sono abbassato la mascherina mi ha detto “perché non andiamo a fare il test antidroga?”». L’astio nei suoi confronti, secondo la versione del militare, trarrebbe origine da un controllo di un paio d’anni precedente: «Eravamo stati chiamati per una lite familiare, poi abbiamo proceduto a una perquisizione. P.F. sostiene che in quella circostanza gli avrei messo le mani addosso e colpito con un pugno in faccia». Circostanza che il carabiniere nega. Uno dei presenti, chiamato a testimoniare, ha riferito di aver assistito allo scambio verbale tra i due, senza però comprenderne le parole: «Ho sentito che discutevano, ma non ho capito cosa si dicessero». Quella sera, ha spiegato, in tre si erano ritrovati per una cena tra amici: «Il locale era già chiuso, abbiamo ordinato da una pizzeria di Carrù». Il 15 settembre il giudice ascolterà l’ultimo teste convocato dalla difesa, prima della discussione del caso.