La mattina di domenica 12 novembre, alle 9.30, il Comune di Lequio Tanaro accoglierà l’urna del Fante Adolfo Vietto, classe 1924, deceduto ad appena vent’anni, nel 1944, uno dei circa seicentomila Internati Militari Italiani, morti di stenti e malattie nei campi predisposti dai nazisti per decimare i soldati italiani. Sono occorsi un paio di anni per definire le pratiche attraverso l’Onorcaduti del Ministero della Difesa, avviate dalla Onlus monregalese “Col. Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo” su richiesta del nipote Aldo Vietto, taxista di Mondovì, che ha voluto riunire nella tomba di famiglia anche il congiunto, assieme al padre, reduce dalla terribile campagna di Russia. L’urna è in arrivo dal cimitero militare ttaliano di Francoforte sul Meno. Ad attendere il feretro a Lequio Tanaro ci saranno i rappresentanti delle Associazioni partigiane, dei deportati e d’Arma, ma anche gonfaloni di città decorate per la Resistenza, tra cui quello di Boves, con le sue due medaglie d’oro, nonché autorità civili e militari e parlamentari. Il sindaco Giuseppe Trossarello presenzierà anche a Torino, all’incontro con i resti mortali, che riceveranno la prima benedizione dal parroco Antonio Calandri.
Una mostra d’opera d’arte, nella Confraternita
L’urna di Adolfo Vietto verrà portata nella chiesa della Confraternita, dove sarà accolta per una settimana da un particolare omaggio artistico, con l’esposizione di opere di pittori di ieri e di oggi: Francesco Franco, Roberto Luciano, Miriam Fontanella Gallo, Piero Zucco, Giovanni Gagino, Oreste Tarditi, Carlo Sismonda, “Buròt” Francesco Russo, Gianni Bava, Teresita Terreno, Tany Fazzina, Tanchi Michelotti, Enrico Roà, Dario Dutto, Bruno Capellino, Paola Meineri Gazzola, Claudio Manoni, Danilo Oddo, Elisa Revelli Tomatis, Gianni Vigna e Caudio Rolfi.
La storia di Adolfo
Adolfo era nato a Mondovì Piazza il 4 giugno 1924 e nel 1935 la sua famiglia si trasferì a Dogliani Castello. Il padre, Battista, a Mondovì lavorava alla fornace degli Sciolli e trovò uguale occupazione a Dogliani, dove lavorava pure Adolfo, un ragazzone robusto. Alla visita di leva fu subito arruolato nella Fanteria, destinato al 43° Reggimento di stanza nella Caserma “Govone” di Alba. L’11 settembre 1943, appena dopo l’armistizio, i nazisti piombarono in città ed arrestarono tutti i militari, caricandoli su carri bestiami e avviandoli al Campo di Dortmund, in Germania. Costituita la Repubblica Sociale Italiana, l’istituzione fantoccio a copertura dell’accordo tra fascisti e nazisti, per non dover applicare le disposizioni della Convenzione di Ginevra, che imponeva determinate tutele della persona, i tedeschi inventarono una categoria nuova per i prigionieri: gli “internati militari”, estranea a quella dei soldati. Adolfo era uno di questi. Dopo pochi mesi era ridotto ad una crisalide ed il 9 giugno 1944 morì di stenti, formalmente definito tubercolotico.