Processo ai centri di accoglienza nel Cebano, parlano gli accusati

La Procura ipotizza un “giro” di trasferimenti dei richiedenti asilo per ottenere più soldi: «Le presenze? Le registravano gli operatori nei CAS» spiega un’imputata

L’accusa è di aver trasferito decine di richiedenti asilo da un CAS all’altro. In questo modo, le cooperative avrebbero ottenuto circa 317mila euro di rimborsi indebiti dalla Prefettura di Cuneo. Questo almeno è quanto sostiene la Procura, sulla scorta delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Mondovì dalla fine del 2017. Otto i centri coinvolti tra Ceva (tre), Borgo San Dalmazzo (due), Valdieri, Montezemolo e Belvedere Langhe.

Dopo una prima ispezione a Montezemolo in dicembre, i finanzieri avevano riscontrato l’assenza di dieci richiedenti asilo. Era emerso che al loro posto c’erano altri immigrati. La stessa “rotazione”, spiegano le Fiamme gialle, si sarebbe verificata negli altri CAS. Solo nel febbraio successivo gli ospiti “dispersi” sarebbero stati rintracciati in un fabbricato rurale a Pietra Ligure, nel Savonese, mai segnalato alla Prefettura. La struttura, hanno spiegato le difese, faceva capo a E.A., responsabile della coop Casa dell’Immacolata e direttore gestionale del gruppo di cui facevano parte anche la Immacolata 1892 di G.B. e la coop Il Tulipano diretta prima da C.B. e poi da G.M. Tutti e quattro sono finiti a processo dopo l’inchiesta denominata “Lino”.

Nell’ultima udienza G.B. ha spiegato come venivano registrate le presenze quotidiane nei centri: «L’operatore, fisicamente presente, raccoglieva le firme che poi venivano comunicate via Whatsapp: noi dovevamo poi stilare un resoconto mensile per la Prefettura». Accadeva che gli ospiti si spostassero da un centro all’altro per frequentare corsi. Di qui la decisione di affiancare ai corsi “base” una serie di attività: corsi di costruzione dei muretti a secco, di conoscenza della macchia mediterranea e giardinaggio, di allevamento degli asini. Questo, assicura l’imputata, è quello che facevano a Pietra Ligure.

In merito a quanto accaduto a Montezemolo, ai finanzieri sarebbe stato fatto presente che i ragazzi erano a Ceva per frequentare un corso d’informativa: «Il corso quel giorno non ci fu, perché era in corso una forte nevicata e l’insegnante aveva comunicato di non poter venire». Il pubblico ministero ha letto all’accusata stralci dei verbali in cui si dà atto che il centro sembrava «manifestamente inabitato da un lungo periodo», menzionando il fatto che la luce fosse stata disattivata e le «temperature gelide» del posto. Tutto un equivoco, secondo la direttrice: «Le stufe a pellet venivano accese all’occorrenza, ma siccome c’era l’allerta meteo avevamo portato via gli ospiti. Montezemolo non ha market alimentari in cui rifornirsi, non potevamo lasciarli lì». Il 28 settembre il giudice ascolterà anche le versioni degli altri imputati.

 

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